MATERIALI PER LA SASSONIA (*)

Nel corso di una serata partecipata e ricca di stimoli, ospitata nella chiesa evangelico-metodista di Intra, AmbienteVerbania ed Europa Verde hanno offerto ai cittadini informazioni e contenuti che da un lato hanno consentito di inquadrare la vicenda del rione Sassonia dal punto di vista storico e politico-amministrativo e dall’altro di conoscere le direttrici fondamentali di un progetto articolato di riqualificazione del quartiere, con un’attenzione particolare agli aspetti della tutela e della valorizzazione ambientale (ad esempio, il parco fluviale del San Bernardino) e al cosiddetto “arredo vegetale” (interventi sul verde urbano).

VB70 nel tempo si è occupato molte volte del tema della Sassonia (qui) e non vogliamo in questa sede farne una sintesi. Ci interessa invece mettere a disposizione dei partecipanti e di quanti avrebbero voluto intervenire alcuni materiali predisposti e illustrati durante l’incontro, nella convinzione che possano aiutare l’approfondimento delle questioni dibattute e il lavoro collettivo intorno a una proposta progettuale pensata per i prossimi cicli amministrativi. La bella relazione di Ronnie Bonomelli (Accoglienza abitativa e la vocazione sociale e culturale della Sassonia), resa a braccio nella seconda parte della serata, potrà essere a breve rielaborata e proposta come autonomo contributo su queste pagine.

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CLAUDIO ZANOTTI – Una questione da risolvere: le vicende politiche della Sassonia (qui)

MAURIZIO FORELLA, architetto – La Sassonia, un’occasione di ricucitura (qui, qui)

DARIO PREZIOSO, di Green GateIl verde in città: curare l’ambiente e il benessere di chi ci vive (qui)

(*) AmbienteVerbania

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LE IENE NELLA GIUNGLA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE di Claudio ZANOTTI

Prima e al di là delle implicazioni penali e giudiziarie, la vicenda del concorso comunale rilanciata dal servizio tv delle Iene solleva interrogativi non banali: lo stile nell’esercizio del potere, la trasparenza nel processo decisionale, i tempi e i modi dell’azione della magistratura, le ricadute sulla gestione della cosa pubblica, la razionale organizzazione degli uffici e dei servizi della “macchina comunale”. Archiviare senza rimpianti una stagione e aprirne con fiducia un’altra.

Non si può negare che il servizio delle “Iene” dedicato alla vicenda del concorso pubblico per l’assunzione di un dirigente nel Comune di Verbania abbia “fatto il botto” in città, monopolizzando per alcuni giorni il dibattito sugli organi di informazione, sulle piattaforme social, nei luoghi della cosiddetta “interlocuzione fisica” (bar, esercizi commerciali, spazi e luoghi pubblici…) e – selettivamente – tra le forze politiche. Il servizio video, pur riprendendo e rielaborando materiali in larga misura già conosciuti (negli ultimi mesi la stampa nazionale e locale ha rilanciato più volte l’argomento), ha però arricchito la narrazione con almeno tre elementi di indiscutibile novità e di rilevante impatto, anche emotivo: la diffusione dei file audio con le concitate conversazioni tra sindaca e segretaria comunale; le dettagliate ricostruzioni dei diversi passaggi concorsuali affidate alle interviste dei componenti della commissione d’esame; la puntuale testimonianza della vincitrice del concorso.

Invano i nostri lettori cercheranno in questo breve articoletto la consueta, azzurra grafica che segnala la presenza di un link mediante il quale accedere “alle fonti” (in questo caso il filmato del servizio, peraltro diffusissimo sui social). Confesso infatti di avere provato fastidio e imbarazzo invincibili durante la visione del servizio, perché la successione delle sequenze ha reso via via di plastica evidenza uno stile, nell’esercizio del potere da parte di chi detiene pro tempore la più alta responsabilità politica, amministrativa e istituzionale della città, sideralmente distante da quello che ha guidato la mia trascorsa e quasi ventennale esperienza ai vertici di importanti enti e organismi pubblici e del tutto estraneo alla tradizione di governo del centrosinistra verbanese da trent’anni a questa parte. Non si tratta naturalmente di un giudizio di valore (buono/cattivo, giusto/sbagliato…), ma della semplice constatazione di una consolidata postura nell’esercizio del potere in funzioni apicali che ha caratterizzato l’intero ciclo amministrativo e che va archiviata senza alcun rimpianto.

Abbiamo già scritto (qui) che la contesa in corso non ha precedenti nella storia del Comune e potrà essere risolta soltanto con l’attribuzione in sede giudiziaria all’una o all’altra parte delle gravi responsabilità penali reciprocamente rinfacciate. Ma qui non si tratta di una lite tra due quisque de populo da confinare poi in qualche riga del “pastone” di cronaca giudiziaria: da mesi si fronteggiano a colpi di denunce, di servizi giornalistici e di dichiarazioni alla stampa le due figure apicali dell’Amministrazione cittadina, cioè il sindaco e il segretario generale del Comune. Insomma, il vertice politico e quello giuridico di Palazzo di Città. Da quasi un anno i fatti sono noti, le carte disponibili, i testimoni escutibili, le prove esplicitate. Possiamo coltivare la ragionevole convinzione che a Palazzo di Giustizia si stia lavorando al caso, ma la portata della vicenda e il rilievo dei protagonisti impongono che l’opinione pubblica sia rassicurata in ordine alla celerità degli accertamenti e alla rapidità dei provvedimenti che competono all’autorità giudiziaria, per evitare che una fosca indeterminatezza intossichi il clima politico della campagna elettorale in pieno svolgimento. Diciamo che la magistratura deve fare in fretta e bene la sua parte.

Non bisogna però dimenticare che lo scontro al calor bianco che dalla scorsa primavera si combatte intorno ai verbali di questo benedetto concorso ha già prodotto effetti deleteri sull’organizzazione complessiva della “macchina” comunale. Ne parlavamo dettagliatamente da queste colonne ancora nel pieno della scorsa estate (qui), quando si segnalava l’irrazionale e confusa revisione dell’organigramma del Comune, nella quale già allora si diceva che era difficile non riconoscere il portato dell’esito del concorso di qualche mese prima. Non intendiamo sunteggiare qui i contenuti di quell’articolo, che i lettori interessati potranno leggere integralmente utilizzando il link postato. Vogliamo però ribadire oggi con rafforzata convinzione che – al di là e prima dell’accertamento di eventuali responsabilità penali, per le quali non nutriamo alcun interesse – è proprio quella confusa riorganizzazione che va il più rapidamente possibile rivista e superata, per consentire all’Amministrazione Comunale di tornare a operare in base a un più razionale ed efficace modello organizzativo.

Non mancherà il lavoro ai nuovi amministratori che la città sceglierà fra tre mesi.

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RICOMINCIARE DA CHIARA (*)

Ai lettori che intendono recarsi ai seggi delle primarie domenica 17 marzo offriamo le tre ragioni che a nostro giudizio possono sostenere un convinto e motivato voto a favore della candidata Chiara Fornara. Il suo auspicato successo elettorale ci consentirà di riprendere immediatamente il lavoro per costruire un’ampia coalizione di centrosinistra, riannodando idealmente i fili di una trama che nei primi giorni di febbraio, nell’ora più buia, avevamo iniziato a intrecciare.”

Tra una decina di giorni il quadro politico verbanese – sostanzialmente bloccato da un mese – si rimetterà in movimento. Come e in quale direzione è però oggi impossibile prevedere perché, se la notizia di giornata è l’ufficializzazione di una candidatura alla carica di sindaco da parte di Centro Riformista/Italia Viva, il punto di snodo sarà rappresentato dall’esito delle primarie di domenica prossima, che – pur essendo consultazioni formalmente circoscritte alla platea degli iscritti, elettori e simpatizzanti del Pd – determineranno le linee di indirizzo lungo le quali si incamminerà il centrosinistra cittadino in previsione delle elezioni comunali di giugno.

Non è questa la sede per riprendere le motivazioni della contrarietà (se del caso, leggere qui) allo strumento delle primarie per la scelta del candidato-sindaco, espresse un po’ da tutte le forze politiche (nazionali, locali e civiche) del centrosinistra verbanese e da una robusta minoranza di iscritti al Pd. Interessa invece richiamare sinteticamente a quanti hanno intenzione di partecipare alle primarie (in calce le informazioni) le buone ragioni per dare il proprio voto a Chiara Fornara (ne ha parlato con convincente appropriatezza anche Diego Brignoli qui).

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IL CAMPO LARGO DEL CENTROSINISTRA. Ne elenchiamo tre, quelle che paiono più solide e convincenti dal punto di vista politico. La cosiddetta scesa in campo di Chiara veniva comunicata il 7 febbraio scorso, nell’ora più buia del centrosinistra cittadino, quando le tensioni e le recriminazioni accumulate in quattro mesi di sterili e occasionali abboccamenti tra le forze politiche (leggi qui e qui) stavano sfociando in un assurdo “liberi tutti” con tre o quattro contrapposte candidature: manna dal cielo per la coalizione di Destra. In poche ore la figura e la proposta politico-programmatica di Fornara hanno radicalmente invertito il corso degli eventi, disegnando uno scenario coalizionale ampio, convergente e competitivo formato da Pd, Verdi, M5 Stelle, Alleanza Civica, AmbienteVerbania, Centro Riformista/Italia Viva (qui i contenuti) e sostenuto da centinaia e centinaia di cittadini (qui l’elenco). Dopo una settimana il voto a maggioranza della sezione locale del Pd ha però congelato ogni processo politico, rinviando tutte le decisioni all’esito delle primarie.

AUTOREVOLEZZA E RICONOSCIBILITA’. La seconda ragione attiene al profilo sociale, valoriale e professionale di Chiara Fornara, che da quasi venticinque anni guida il Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano. La solida e convincente presenza in uno dei settori più delicati ed esposti della nostra vita comunitaria è stata immediatamente e trasversalmente riconosciuta dall’opinione pubblica verbanese, che ha avuto modo di “pesare” il patrimonio di esperienze e il bagaglio di competenze maturate nel corso di una ormai lunga militanza professionale, cogliendo allo stesso tempo la grande opportunità di trasferirne la miglior parte nell’impegnativa sfida di rappresentare come sindaca la comunità cittadina.

VISIONE E PROGRAMMI. Se le prime due ragioni (capacità coalizionale e profilo socio-professionale) hanno valore e consistenza erga omnes, la terza deriva dalla riconosciuta consonanza della visione progettuale e programmatica espressa da Chiara con le istanze e i contenuti elaborati da AmbienteVerbania nel corso di un anno di lavoro politico e programmatico matto e disperatissimo, declinato in oltre trenta contributi su importanti tematiche cittadine (qui) e in sette incontri pubblici (qui l’ottavo, previsto per lunedì 11). A questo proposito riconosciamo a Chiara non solo di avere da subito seguito con attenzione il nostro lavoro e di aver contribuito al suo arricchimento con una presenza assidua e propositiva alle numerose serate organizzate, ma anche di averne sussunto e valorizzato i temi (ambiente, lavoro, casa, urbanistica, viabilità…) nel documento programmatico presentato al momento della candidatura, integrandoli con le indicazioni pervenute da altri potenziali alleati.

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Ai lettori che intendono recarsi ai seggi delle primarie domenica 17 marzo offriamo le tre ragioni che a nostro giudizio possono sostenere un convinto e motivato voto a favore della candidata Chiara Fornara. Il suo auspicato successo elettorale ci consentirà di riprendere immediatamente il lavoro per costruire un’ampia coalizione di centrosinistra, riannodando idealmente i fili di una trama che nei primi giorni di febbraio, nell’ora più buia, avevamo iniziato a intrecciare.

Se non sarà così, tra dieci giorni il cammino riprenderà in territori politicamente incogniti.

(*) AmbienteVerbania

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RICOMINCIAMO DALLA SASSONIA (*)

I gruppi di Europa Verde e AmbienteVerbania offrono ancora una volta alla città (lunedì 11 marzo, ore 21, Sala Istituto Evangelico Metodista) l’occasione di approfondire tematiche di rilievo strategico per il nostro immediato futuro. Oggi di scena è il popolare quartiere intrese della Sassonia, di cui abbiamo molto parlato nelle scorse settimane da queste colonne digitali.

La centralità di quest’area nel dibattito sul futuro di Verbania va al di là della cosiddetta vocazione urbanistica del quartiere (la “cerniera” del nostro tessuto urbano insieme a Sant’Anna e al Terzo Ponte), poiché intorno ad essa si dispongono molti interrogativi che investono in termini più generali nodi fondamentali come la “visione” di Intra (qui), la costruzione razionale del “verde urbano”, la riqualificazione sociale dei contesti cittadini a più forte connotazione “popolare”.

L’incontro di lunedì assume una particolare attualità dopo l’arresto delle procedure (revoca della chiusura del pozzo dell’acquedotto e della gara d’appalto) per la realizzazione del progetto di interramento dei parcheggi su una porzione di piazza F.lli Bandiera (da AmbienteVerbania fortemente criticato: qui e qui). La decisione, imposta all’Amministrazione Comunale da Acqua Novara Vco, che aveva impugnato al Tar l’ordinanza sindacale di chiusura del pozzo, consente finalmente di riprendere – nell’ottica delle imminenti elezioni amministrative – la discussione su una delle questione di maggior rilievo per il futuro della città, senza il pesantissimo vincolo di un appalto multimilionario assegnato a poche settimane dalla conclusione del ciclo amministrativo.

La complessa e articolata vicenda della Sassonia può essere dai nostri lettori approfondita attraverso i contributi e gli articoli pubblicati in questa sezione.

(*) AmbienteVerbania

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UNA SERATA SUI FIUMI…E UN RACCONTINO

Nel corso dell’intenso e partecipato dibattito organizzato da Europa Verde e AmbienteVerbania è stato esaurientemente presentato e analizzato il progetto di riqualificazione complessiva delle sponde del torrente San Giovanni comprese entro i confini del Comune di Verbania, facendo puntuale riferimento alle caratteristiche idro-morfologiche, vegetazionali ed ecosistemiche del corso d’acqua intraschino. I nostri lettori possono prendere visione delle relazioni predisposte e illustrate durante la serata dall’ing. Marzia Ciampittiello del CNR (qui) e dall’agronomo Fabrizio Breganni (qui), mentre le linee generali dell’intero progetto di riqualificazione e fruizione dell’asta fluviale sono già state pubblicate qui.

Con l’appuntamento del 26 febbraio AmbienteVerbania ha idealmente chiuso il lavoro di progettazione relativo alla riqualificazione fruitiva del torrente San Giovanni, la cui progressiva realizzazione è affidata al ciclo amministrativo che si avvierà dopo le elezioni di giugno. Ora, se le condizioni politiche lo consentiranno, è necessario mettere mano a un analogo sforzo di progettazione per la ben più complessa asta del San Bernardino, il cui primo tratto a risalire (dalla foce al ponte del Plusc) reclama una riqualificazione che non può prescindere dalla valorizzazione e dalla reciproca integrazione dei contesti urbanistici della Sassonia in sponda sinistra e del grande “polmone verde” dell’ex Acetati in sponda destra, i cui capisaldi già si possono rintracciare in questo contributo di qualche settimana fa.

La centralità della frazione “popolare” di Possaccio nel nostro progetto di riqualificazione delle sponde del San Giovanni ci ha suggerito di proporre – a chi avrà voglia e tempo di leggerla – questa sapida, piacevole e limpida scrittura uscita dall’elegante penna (digitale, ovviamente) di DIEGO BRIGNOLI, possaccese doc, che ripropone in forma narrativa uno scambio di mail originato dalla subitanea formazione – proprio tre anni fa in questi giorni – di un “lago effimero” tra le ripide forre del torrente nel “salto” tra Cambiasca e Verbania. Insomma, una Possaccio torrentizia e “balneare” di mezzo secolo fa!

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All’inizio di febbraio del 2021 sul torrente San Giovanni, tra Possaccio e Cambiasca cade una frana che ne ostruisce il corso formando un laghetto effimero. Per qualche giorno è tutto uno svolazzare di droni e di elicotteri e un via vai di geologi ed esperti vari. Conosco bene quei luoghi, meta delle giornate estive di quando ero ragazzino. Italo [Isoli], il mio geologo di fiducia, coglie l’occasione per ricordare un paio di eventi simili avvenuti in passato. Questo il suo racconto.

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La frana caduta dalla sponda destra del torrente S, Giovanni, appena a monte del  ponte di Possaccio in un tratto caratterizzato da una profonda forra, ha iniziato a formare un lago a monte dello sbarramento. Sono in corso verifiche per valutare possibili pericoli relativi sia ad ulteriori frane per evoluzione dello stesso ciglio sia per la stabilità dello stesso sbarramento sotto l’azione dell’acqua, soprattutto in condizioni di piena. E’ probabile che lo sbarramento, costituito da blocchi rocciosi di grosse dimensioni, rimarrà in posto e le fessure si intaseranno sino a determinare una tracimazione dell’acqua sopra il deposito, con relativa bella cascata  e un conseguente innalzamento e ampliamento del lago a monte, probabilmente anche di interesse per balneazione locale. Il fenomeno rientra in una tipologia geologicamente conosciuta che prende il nome tecnico di “lago di sbarramento per frana”. Famosissima geologicamente la frana che ha dato origine al lago di Antrona la cui descrizione vi allego qui sotto.

Il 27 luglio 1642 un’enorme frana staccatasi dalle pendici del monte Pozzuoli rovinò su tutto il pianoro sottostante investendo anche una parte delle case dei cantoni di Grognasca e delle Case, seppellendo senza alcuna possibilità di fuga 95 abitanti, sorpresi nel sonno e incapaci di sfuggire a tanta violenza. Lo sbarramento della valle chiuse la via al passaggio delle acque del Troncone che a monte della massa franata si allargò in un lago, ora detto lago di Antrona. Passato il primo sgomento gli Antronesi si ripresero senza aiuti esterni e con tenacia cercarono di sopravvivere in un paese tanto sfortunato. Alcuni, ridotti in povertà dalla crisi che seguì, emigrarono in altre regioni. (Dati della frana: circa 20 milioni di mc. su una superficie di circa 375.000 mq.). Dal 1926 il lago è utilizzato come riserva per la sottostante centrale di Rovesca. La frana sollevò una nube di polvere che sostò per oltre una settimana oscurando il sole; la sua scomparsa  fu dovuta solo a forti venti che si originarono nei giorni successivi e che la trasportarono fin sopra Mergozzo.”

Più recente, si fa per dire (1987), la frana della Val Pola in Valtellina, che produsse a sua volta un lago e di cui anche in questo caso vi allego la descrizione.

Nelle prime ore del 28 luglio, dal monte Zandila in Val Pola sito in destra idrografica pochi chilometri a valle di Bormio, si staccò una frana del volume di circa 30 milioni di m3 che occluse il corso dell’Adda creando un lago della capacità di circa 20 milioni di m3. Furono sommersi dall’accumulo di detriti gli abitati di Morignone e S. Antonio Morignone per fortuna senza perdite di vite umane grazie all’intervento di Michele Presbitero, allora direttore del Servizio Geologico della Lombardia  che ne ordinò lo sgombero intuendo quello che poi si sarebbe verificato. La presenza di un lago di così grande volume, sostenuto da una diga naturale alta un centinaio di metri, provocò grande panico nelle popolazioni, consapevoli dei rischi che correva la valle se questa diga fosse crollata. Quando si iniziò ad esaminare i gravi problemi che incombevano nella valle si presentarono alla memoria di chi si trovava sul posto i tanti disastri provocati dal crollo di dighe.

L’esperienza vissuta dalla Commissione, battezzata poi “Commissione Valtellina”, è stata straordinaria, sia per l’assoluta novità delle situazioni che si trovò a dover affrontare specie nei momenti in cui si scontravano vedute o interessi contrastanti: come ad esempio accadde quando si accese una violenta polemica che coinvolse coloro che erano favorevoli alla tracimazione forzata dell’accumulo e quelli che ne erano contrari.

Gli interventi decisi dalla cosiddetta Commissione Valtellina e messi in atto in pochi giorni per controllare le situazioni di rischio sono risultati determinanti per la messa in sicurezza dei territori della Valtellina. Tra questi interventi, a cui  ho avuto l’opportunità di partecipare, ci fu quello di  vuotare il lago prima che si compisse il suo riempimento onde evitare i rischi derivanti dalla tracimazione dell’accumulo e della caduta nel lago di una nuova frana. Questo obbiettivo fu ottenuto attraverso la costruzione di una galleria by-pass per mettere in sicurezza idraulica la zona fino al momento in cui si sarebbe progettata ed attuata la definitiva sistemazione dell’area colpita dalla frana. Non avevo ancora  50 anni, ovviamente per quanto riguarda la Val Pola.

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Claudio [Zanotti] è un po’ la memoria storica del nostro gruppetto. Profondo conoscitore delle vicende politiche della nostra città e dell’intero Paese è pure una gran bella e arguta penna e non si lascia sfuggire l’occasione per un suo intervento:

Bella la doppia rievocazione di Italo, (relativamente) giovane geologo nella val di Pola e forse ancora bimbetto ai tempi della frana in valle Antrona, quando infuriava la guerra dei Trent’Anni. Io ne ho tratto ammaestramento a non compiere escursioni in montagna tra il 27 e il 28 luglio. Ai tempi della val di Pola (marciavo verso i trentuno…) ricordo la straniante presenza in loco del ministro Remo Gaspari, democristianone abruzzese e detentore di cospicuo pacchetto di tessere da far pesare in sede congressuale e ministeriale. Il poveraccio si trovò a sostituire proprio quel giorno il mitico Giuseppe Zamberletti come ministro alla protezione civile nel neocostituito governo Goria e si assunse la responsabilità di dare il via alla tracimazione controllata. Devo dire che gli è andata bene.

Ho seguito con interesse l’episodio franoso del San Giovanni perché qualche settimana fa ho percorso per la prima volta il breve, scalcagnato e un po’ esposto sentierino che, partendo dal retro della casa situata proprio a ridosso del ponte di via Cuboni, risale in sponda dx il torrente e termina sul confine tra i due Comuni. La forra è davvero profonda e scoscesa.

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Non posso competere con le conoscenze di Italo né con l’arguzia di Claudio, ma quei luoghi mi sono oltremodo famigliari, o per lo meno lo erano, e mi tornano alla mente una serie di episodi legati alla mia più giovane età. Mica posso sentirvi parlare di Possaccio senza dire niente! Purtroppo devo risalire parecchio indietro nel tempo, diciamo un mezzo secolo fa o poco più, quando la pozza sotto il ponte di Possaccio era la nostra spiaggia.

Va detto che allora di acqua ce n’era parecchia e lo sbarramento di pietre (la diga!) che ogni anno costruivamo all’inizio della stagione (più o meno maggio) e che le successive buzze (in particolare quella da san Pedar) ci costringevano a ricostruire, contribuiva a mantenere un livello d’acqua sufficiente per giocare a mazzacagneu. Nel caso qualcuno non lo sapesse o se ne fosse dimenticato, si tratta di una gara di tuffi, o meglio di salti in acqua nelle più svariate posture, eseguiti urlando il  nome del tuffatore successivo che doveva eseguire lo stesso “tuffo”. Qualsiasi errore veniva punito con il supplizio del mazzacagneu: afferrati per mani e piedi e lanciati in acqua dopo un volo la cui altezza e lunghezza dipendevano dalla forza dei lanciatori.

La cosa più  interessante di quei pomeriggi estivi erano però le risalite del San Giovanni. A guidare il gruppetto era di solito Oreste detto Orso, un omone dalla forza spaventosa, utilissima nella costruzione delle dighe per formare la nostra piscina;  era ovviamente lui a spostare i massi più grandi. Di qualche anno più grande di noi ma rimasto sempre ragazzino: era sempre lui a guidare il gruppo quando questo era formato da mio fratello e i suoi amici, quindici o vent’anni meno di noi. 

Oggi lo chiamano “torrentismo”, allora era solo “nemm ai sircc?”. Un po’ come il trekking. Vai a dire a un abitante delle nostre valli che quando andava a piedi al  mercato  faceva trekking. Anche l’abbigliamento non era precisamente tecnico. Niente corde, imbraghi, moschettoni, caschi, calzari, tute e guanti;  piedi  nudi, costume da bagno per i più fortunati, mutande (quelle bianche, con l’elastico largo) per quasi tutti. 

Si risaliva  e la prima pozza che si incontrava era il “puzzun dal moro”, grosso modo dove è caduta la frana. Una pozza coperta da un enorme masso staccatosi chissà quando da un fianco della forra e appoggiatosi sull’altro. Due modi per superarlo: nuotare nella breve galleria buia o scalarlo. Sulla sommità “la morte!”, il punto da dove saltare o tuffarsi nella sottostante pozza d’acqua che da lì non si vedeva; un po’ come  i piedi quando  aumenta la pancia. Nonostante il funereo appellativo non ricordo nessun decesso o ferito grave. Ematomi, escoriazioni e qualche punto di sutura al pronto soccorso non rientravano allora tra gli eventi incidentali, non contavano nulla, al massimo qualche scappellotto quando rientravi la sera.

Più pericoloso certo il sentiero che Claudio ha recentemente affrontato con grande sprezzo del pericolo. Ho un vago ricordo di una persona e una mucca caduti di sotto. In tempi diversi. Ricordo bene la mucca perché l’odore della carcassa in putrefazione impedì per qualche giorno la balneabilità della nostra spiaggia. Non per intervento della competente ASL ma perché puzzava davvero. Il decesso umano invece, se ben ricordo, fu presto archiviato con “u sarà stai ciucc”.

Superato il puzzun si entrava in territorio cambiaschese nelle due spiagge (si fa per dire) della ridente località collinare, sircc e sircin.  Purtroppo da quelle parti noi di Possaccio non eravamo molto ben visti, forse perché i luoghi erano frequentati da qualche ragazza di cui i cambiaschesi andavano gelosi ed orgogliosi. Va detto che a Cambiasca, terra di emigrazione,  in estate arrivava qualche ragazza di Milano in vacanza dai nonni. A Possaccio, terra di immigrazione a causa della cartiera, solo qualche rarissima ragazzina di Spinazzola, Rionero in Vulture o Ripacandida; la Lega Nord era di là a venire ma i sonni di mamme e papà erano agitati dalla paura da cui veniva l’ammonimento del “riva mia in ca’ cun ‘na quai terùna!”. 

Dai sircc si sloggiava presto, destinazione “salun” (con la u, non con due o) il salone:  un’ampia, si  fa sempre per dire, pozza di acqua gelida chiusa tra due pareti scoscese, un luogo un po’ inquietante dalla natura selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura. (chiedo il supporto di Claudio: ricordo male o il sommo poeta non andava d’accordo con le doppie?). 

Nessuno aveva l’orologio ma si sapeva che arrivati lì il pomeriggio stava per finire e occorreva tornare al ponte prima che arrivassero i grandi, quelli che al fiume venivano a lavarsi dopo il lavoro  e per noi “narigiatt” (il traguardo dell’uscita dalla fanciullezza si spostava in continuazione e nemmeno l’agognato vespino tanto atteso ti permetteva l’ingresso nel  mondo dei grandi) non c’era più posto.

Questo accadeva in quei di Possaccio e dintorni mezzo secolo fa. Oggi leggo di esperti inviati dalla Regione, droni, elicotteri … mentre a Cambiasca sperano di lanciarsi nel ghiotto business del turismo balneare  del nuovo lago effimero. Chissà, magari tornano le ex ragazzine milanesi. 

Oreste invece se n’è andato. Pochi giorni fa. Ciao Orso, non ti preoccupare, non c’è bisogno della diga, ci ha pensato la frana a formare il laghetto. Purtroppo più a monte.

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LE SPONDE FLUVIALI COME ECOSISTEMA URBANO

Dopo l’articolato incontro pubblico dello scorso novembre sulla valorizzazione boschiva, ambientale e turistica del Monterosso, AmbienteVerbania dà seguito alle sue proposte sul recupero della fruizione dei luoghi di pregio della città organizzando per LUNEDI’ 26 FEBBRAIO con Europa Verde una serata dedicata all’ecosistema del torrente San Giovanni:

Dopo le complesse giornate dedicate alla costruzione dell’auspicato “campo largo” del Centrosinistra in previsione delle elezioni comunali di giugno (qui e qui, ad esempio), AmbienteVerbania torna al suo lavoro precipuo e caratterizzante, cioè la definizione di concrete e realistiche proposte per il futuro della nostra città. In un’ideale staffetta con Cavandone, dove lo scorso 25 gennaio abbiamo organizzato una partecipata serata sui contenuti della proposta di Variante del Piano Regolatore relativi al Monterosso e alla sua “capitale” (qui un documento fotografico della riunione),

il nostro gruppo intende richiamare l’attenzione della città sulle potenzialità ancora inespresse delle frazioni settentrionali del Comune (Trobaso e Possaccio in particolare). Tutti coloro che fossero interessati a partecipare, possono documentarsi in maniera approfondita sui contenuti della serata leggendo questo contributo:

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