UNA PROVINCIA PER UNA DOZZINA DI COMUNI

Forse è questo il tempo propizio che gli attori sociali ed economici e i decisori politici del territorio dovrebbero saggiamente valorizzare per pensare un futuro che non replichi le abitudini deteriori nelle quali siamo quasi inconsapevolmente rifluiti. Insomma, è il tempo della politica buona e alta.

VERBANIA VENTITRENTA

Tra le proposte contenute in questo articolo (abolizione delle Regioni, potenziamento delle Province, accorpamento/aggregazione dei Comuni, imposta patrimoniale straordinaria, spostamento del carico fiscale dal lavoro alla rendita, lotta al crimine dell’evasione/elusione fiscale, ecc.) per il “dopo coronavirus”, assume un’importanza strategica per la nostra comunità allargata il radicale ripensamento della Provincia del Vco e, all’interno di essa, del limite insuperabile rappresentato dalla polverizzazione dei suoi 160.0000 abitanti in 74 Comuni.

Provincia tripolare? Qualche mese fa su queste pagine virtuali si argomentava (meglio: si documentava) che la cosiddetta provincia tripolare è morta da quasi un decennio, da quando cioè la “tenaglia” devastante rappresentata della seconda guerra dell’ospedale e dal fallimento del destro-leghismo, sommandosi ai tagli delle risorse agli enti locali determinati dalla crisi del 2009, ha certificato l’impraticabilità del tripolarismo posto nel ’92-’94 a fondamento della nuova provincia (leggi qui, qui e qui).  C’è ancora qualcosa che si può fare? Forse sì, agendo su due piani: da un lato mettere “in sicurezza” la Provincia come articolazione istituzionale (e costituzionale) del territorio, grazie alla quale i cittadini del Vco hanno visto crescere in qualità e quantità numerosi servizi pubblici, accessibili senza doversi sobbarcare lunghe trasferte a Novara; dall’altro, sgombrare il campo dalla mitologia tripolare, generatrice esclusivamente di tensioni localistiche che hanno lacerato e immobilizzato il territorio e hanno alla fine causato i maggiori problemi nei luoghi in cui il cui ceto politico le ha cavalcate con spregiudicatezza rivelatasi in molti casi autodistruttiva. L’ambizioso tentativo di rifondazione troverebbe un formidabile propellente nell’abolizione delle Regioni e nel conseguente passaggio di risorse finanziarie e di competenze gestionali e operative alla Provincia, che da dieci anni non è più in grado di svolgere alcuna iniziativa a servizio del territorio: basti – a mo’ d’esempio – pensare all’impotenza nei settori dell’edilizia scolastica (ampliamento del “Cavalieri”, nuova sede del “Maggia”…), del trasporto pubblico (l’odissea del Movicentro), della viabilità provinciale, del ciclo dei rifiuti, della pianificazione sanitaria…. Ma soprattutto l’abolizione delle inutili Regioni (non male questa riflessione del prof. Galli) e il grande potenziamento delle autonomie locali provinciali e comunali valorizzerebbe oltremodo il loro ruolo e loro l’importanza, contribuendo potentemente a rinvigorire la partecipazione politica, a stimolare l’attività di programmazione e di pianificazione e a favorire il coinvolgimento effettivo di tutti gli attori sociali (categorie produttive, agenzie formative, sindacati, associazioni..) del territorio.

Nuova Provincia, grandi Comuni. Il sogno di una nuova, forte e riconoscibile amministrazione provinciale reclama però un ulteriore passaggio. Esso infatti,  se a monte mette in conto l’eliminazione delle Regioni così come le conosciamo, a valle presuppone un’altrettanto radicale riforma dei Comuni, in direzione di un’aggregazione che assuma come soglia minima i 3.000 abitanti, mediata con le caratteristiche morfologiche dei territori di montagna. Sarebbe un segno di straordinaria lungimiranza se in torno di tempo relativamente breve il Vco procedesse a un ridisegno degli enti locali con questi obiettivi:

  • un grande capoluogo (“Citta dei laghi”, “Lacustria”…) che comprenda Verbania, Mergozzo, Baveno, Gravellona, eventualmente Casale C.C. e Omegna), unificato sulla base dell’omogeneità morfologica (i tre laghi) e della quasi cinquantennale esperienza sovracomunale di gestione dei servizi (Consorzio Basso Toce, Aspan, depurazione delle acque, ciclo dei rifiuti, piano regolatore intercomunale, ciclo idrico, pianificazione strategica d’area…);
  • una cospicua conurbazione medio-ossolana che parta dall’unificazione degli attuali Comuni di Domodossola, Crevadossola, Masera ed eventualmente Villadossola, sviluppando e valorizzando un’intuizione che nella seconda metà dello scorso decennio era stata avviata grazie alla sensibilità e all’intelligenza delle Amministrazioni d’allora;
  • la costituzione di una decina di nuovi Comuni  di valle, fondovalle e di montagna, ripensando la recente, asfittica esperienza delle Unioni, ma soprattutto valorizzando la storia quarantennale (e molto più convincente) delle ex Comunità Montane (Cusio-Mottarone, Valstrona, Ossola, Vigezzo, Antrona, Anzasca, Antigorio-Formazza, Val Grande, Alto Verbano, Valle Cannobina) e disegnando le delimitazioni dei nuovi Comuni prendendo spunto dagli antichi confini delle Comunità, al netto delle località eventualmente già confluite nelle due grandi conurbazioni  di cui sopra; ne risulterebbe un riuscito compromesso tra adeguata dimensione demografica e omogeneità morfologica dei territori.

Qui di seguito una mappa del Vco  che sintetizza graficamente una prima proposta di accorpamento complessivamente coerente con gli obiettivi appena delineati; qui invece è possibile consultare analiticamente la proposta di accorpamento con il dettaglio del Comuni coinvolti e delle loro caratteristiche morfologico-demografiche (abitanti, superficie, densità, altitudine).

 

2020-Mappa Comuni 3

 

Entro un quadro così conformato sarebbe molto semplice procedere alla ridefinizione degli ambiti geografici degli organismi (società, consorzi…) incaricati di gestire fondamentali servizi pubblici a rilievo territoriale: ad esempio, un solo Consorzio Socio-Assistenziale per tutto il Vco (oggi sono tre) e una sola società di gestione del ciclo idrico integrato per le due province di Novara e del Vco (oggi sono due), così come già esiste sul piano provinciale una sola società di gestione nel ciclo dei rifiuti. Altri enti non gestionali (ad esempio il Distretto turistico dei laghi e il Consorzio Obbligatorio Unico di Bacino dei rifiuti) potrebbero essere pacificamente e razionalmente assorbiti all’interno della Provincia rinnovata e potenziata.

Forse è questo il tempo propizio che gli attori sociali ed economici e i decisori politici del territorio dovrebbero saggiamente valorizzare per pensare un futuro che non replichi le abitudini deteriori nelle quali siamo quasi inconsapevolmente rifluiti. Insomma, è il tempo della politica buona e alta.

Claudio Zanotti            Paolo Sulas            Giuseppe Grieco            Fabrizio Caretti

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