DI BARICENTRI, OSPEDALI E QUESTIONI CONNESSE di Roberto NEGRONI

Il nuovo ospedale unico provinciale va realizzato “in zona baricentrica”, e questo ce lo ripetiamo da un paio di decenni. Ma quale “baricentro”? Non certo quello “geografico”, che è un’astrazione insensata, ma quello “demografico”, identificabile in una delle due “conurbazioni” provinciali: quella sull’asse Verbania-Omegna-Gravellona (105.000 residenti, più valli e presenze turistiche) e quella Villadossola-Domodossola-Crevoladossola (54.000 abitanti, più valli e presenze turistiche). Valutino i lettori.

Considerato che il rovello dell’ospedale unico del VCO sta per essere squadernato ancora una volta dalla Regione sul tavolo apparecchiato degli appetiti localistici, con tutto il suo carico incendiario e conflittuale, può forse essere utile ricapitolare qualcosa di quanto detto e sentito in quasi vent’anni in cui il fiato e l’inchiostro non sono certo stati risparmiati. Niente di nuovo, soltanto provare a rimettere a fuoco qualche considerazione, da qualcuno espressa e da tanti di buon senso facilmente compresa, che pare avere rilevanza per il tema in questione.

Di questo tema, l’ospedale unico provinciale, forse molto si potrebbe dire e discutere, ma ciò che sempre si è imposto, scatenando passioni e interessi più o meno nobili, è stato un nodo soltanto: DOVE COLLOCARLO? Diciamo anche, tanto per sgombrare il campo, che in caso contrario, cioè nel caso che l’atteso pronunciamento regionale sentenziasse per l’ospedale plurisede, quel tavolo di cui sopra si è detto sarebbe prontamente sparecchiato e si procederebbe ad altri meno febbrili mercati. Ma se la scelta, come pare dalle indiscrezioni che circolano, sarà per l’unicità, allora il dilemma resta uno solo: DOVE?

In realtà, una risposta è stata da tempo data e ribadita: in un’area baricentrica.

Bene, ma baricentrica a cosa? Per un solido geometrico la cosa è facile, perfino per la Torre di Pisa, ma qui non è come con certi stati e contee americani disegnati con squadra e righello: per un territorio con una forma che sembra uno scarabocchio, con una morfologia accidentata e complicata che peggio è difficile immaginare e, in più, irregolarmente antropizzato, di facile non c’è nulla; a meno che non si intenda premiare soltanto egoismi di campanile e consorterie periferiche, lasciando mano libera a consueti calcoli di retrobottega. Il criterio della baricentricità rimane centrale e irrinunciabile, se non si intende dare via libera a soluzioni malandrine, tanto irrazionali quanto mistificatorie, destinate a produrre disastri da scaricare poi sulle spalle della gran maggioranza dei cittadini che in questo territorio vive.

Il criterio della baricentricità assume però, in questo caso, almeno due diversi significati. Uno è quello della baricentricità geografica, direttamente mutuato dalla geometria del territorio: si ricerca un punto, o meglio un’area, che sia centrale rispetto alla conformazione, cioè rispetto al perimetro; impresa ardua in un territorio dalla morfologia tormentata da una complessa e fitta orografia e dalla presenza nella porzione centrale di un vasto parco nazionale.

Con un’operazione semplificatoria e drasticamente riduzionista, una via di uscita però si trova. In fondo, è un criterio non diverso da quello della divisione di una torta: il VCO si compone, come dice l’acronimo, di tre aree, Verbano Cusio Ossola (qualcuno ha provato a ritagliarne una quarta, Vergante, ma pochi l’hanno presa bene); carta geografica alla mano, si vede subito che l’Ossola ne occupa una parte prevalente (1605 kmq e 37 Comuni); il Verbano (457 kmq e 24 Comuni) e il Cusio (198 kmq e 13 Comuni) parti significativamente minori. Secondo questo criterio, è chiaro che all’Ossola spetterebbe una fetta di torta ben più grande delle altre due, ed è da questa evidenza che è derivato un imperativo, indiscusso da vent’anni: l’ospedale unico deve stare in territorio ossolano.

Nella prima ipotesi che fu formulata, la scelta fu di un baricentro accentuatamente “ossolano”, a Piedimulera (progetto Aress del 2002); nella successiva ipotesi, che individuava nell’area compresa tra Gravellona Toce e Ornavasso un’area più ragionevolmente baricentrica, andava comunque salvato l’imperativo della dislocazione ossolana, individuando in un remoto lembo di terra ornavassese, sopraelevato in altura e  prossimo al confine cusiano, ma pur sempre in territorio ossolano, il compromesso che avrebbe salvato capre e cavoli (2015). Ma il ricorso al TAR della nuova amministrazione di Domodossola (febbraio 2018) contro questa soluzione e il cambio di colore politico del governo regionale, di quest’anno, rimettono tutto in discussione. L’esplicita recente proposta dell’amministrazione del capoluogo ossolano di promuovere Domodossola a nuovo baricentro non ha migliorato la situazione, perché, di fatto, chiude la porta ad una visione provinciale e della sola Ossola si preoccupa.

La soluzione ornavassese, che non è certo la migliore possibile (ma perché lo sia occorrerebbe forse violare il sacro tabù della collocazione dell’ospedale in terra ossolana), darebbe corpo alla speranza dei residenti del VCO di poter forse un giorno disporre di una struttura ospedaliera al passo con i tempi e con i propri bisogni, speranza che nessun’altra soluzione parrebbe poter sostenere. Vi è infatti, e palesemente, un altro aspetto da considerare: come anticipato in precedenza, un secondo e ben più importante significato che il criterio di baricentricità in questi casi assume: quello di baricentro demografico.

In questo quadro concettuale, la tripartizione della provincia perde significato, mentre centrale rilevanza assume un altro fattore organizzativo del territorio: la presenza di aree gravitazionali, cioè di centri attrattivi per la presenza di attività sociali economiche e culturali e per le relative offerte di servizi verso cui anche le popolazioni di aree circostanti gravitano. Nel caso di questa provincia, a causa delle modalità con cui sono avvenuti in passato i processi di urbanizzazione, più che di singoli centri è il caso di riferirsi a quegli aggregati urbani attrattivi che sono definiti conurbazioni. In questo territorio provinciale sono essenzialmente due. Quella da tempo definita e riconosciuta come Conurbazione dei Laghi, che corrisponde sostanzialmente all’asta Verbania-Gravellona-Omegna, su cui gravitano (limitatamente ai territori provinciali): l’area cannobina, la sponda del Lago Maggiore con i propri entroterra fino a Belgirate, l’intera area Cusiana e i Comuni della Bassa Ossola (l’aggregazione dei Comuni di Mergozzo, Ornavasso, Premosello, Pieve Vergonte e Vogogna al Consorzio dei Servizi Sociali del Verbano testimonia, ad esempio, questa gravitazione). L’altra conurbazione presente nel territorio provinciale è identificabile nell’asta Villadossola-Domodossola-Crevoladossola, su cui gravita la Media e Alta Ossola con il suo intero sistema vallivo.

Ora, se il baricentro geografico non dispone di una sicura unità di misura che lo possa definire, ma viene stimato in base a criteri approssimativi, non verificabili empiricamente, quindi aleatori, azzardati, tutt’altro che sicuri, il baricentro demografico, cioè il centro di attrazione della gravitazione territoriale, la sua affidabile unità di misura ce l’ha ed è la quantità di popolazione gravitante, che può essere calcolata con buona e sicura approssimazione.

Nel caso di cui ci occupiamo, una struttura ospedaliera (ma sarebbe meglio parlare di sistema sanitario, che comprenda anche la necessaria sanità territoriale), è del tutto evidente che è alla distribuzione della popolazione che occorre badare, più che ad astratti esercizi cartografici, perché è da essa che si può dedurre il fabbisogno di servizi sanitari. Sommando la popolazione del Verbano, del Cusio e di quella Bassa Ossola gravitante sull’asta Verbania-Gravellona-Omegna, si ottiene un totale intorno ai 105.000 residenti. Compiendo la stessa operazione per il bacino gravitazionale dell’asta Villadossola-Domodossola-Crevoladossola, si ottiene un totale di circa 54.000 residenti (dati ISTAT, al 01.01.2019).

Come è noto, alla vasta dimensione del territorio ossolano corrisponde l’accentuata montuosità e la dispersione della popolazione, alle ridotte dimensioni dell’area meridionale della provincia corrisponde invece un’alta densità abitativa. Se appare innegabile il diritto di una ridotta popolazione dispersa a non vedere penalizzata la propria possibilità di accesso ai servizi, appare altrettanto evidente che sarebbe pressoché impossibile motivare nel merito che tipologie di strutture che sono il cardine di quei servizi possano collocarsi lontano da dove maggiore è la concentrazione dell’utenza.

A un’ulteriore considerazione occorre però accennare. Il VCO è territorio ad alta rilevanza turistica, occorre perciò calcolare che, soprattutto nei mesi estivi ma anche in misura ridotta per il resto dell’anno, la potenziale utenza anche dei servizi sanitari sale. Ma, ancora una volta, questa espansione si manifesta in misura accentuatamente differente tra le diverse zone. Nel 2018, nei primi cinque Comuni turistici del lago (nell’ordine: Verbania, Baveno, Stresa, Cannobio, Cannero) le presenze turistiche sono state complessivamente 2.505.291; nei primi cinque Comuni turistici della montagna (nell’ordine: Domodossola, Macugnaga, Formazza, Santa Maria Maggiore, Vogogna) le presenze turistiche sono state complessivamente 203.286 (dati CCIAA del VCO). La disparità della potenziale domanda di sanità è tale da non necessitare di commenti.

Dove collocare allora il baricentro demografico del VCO? Questa faccenda del baricentro geografico e di quello demografico assomiglia un po’ a quella del polo geografico e del polo magnetico della terra: il primo è una pura convenzione, fatta tanto per intendersi, ma che non influisce direttamente sulla vita di chi abita il pianeta; cosa che di certo non si può dire per il secondo. Guai scambiare l’uno per l’altro.

In conclusione, questo è soltanto un aspetto, anche se di certo non il meno importante, del complesso processo decisionale che dovrebbe portare alle scelte strategiche, cioè per i decenni a venire, in materia di organizzazione della sanità del territorio provinciale; altre dovranno completare e integrare un piano complessivo, la cui credibilità e le cui possibilità di riuscita risiedono però interamente soltanto in un approccio da parte dei decisori politici improntato a meticolosa conoscenza e a visione prospettica dei problemi, a metodi rigorosi di selezione delle possibili opzioni e a quell’onestà intellettuale che sola consente di discernere nel groviglio degli interessi il bene comune.

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