GIUSEPPE CACCIAMI, LA SINTESI E L’INTELLIGENZA di Claudio ZANOTTI

E’ stato un uomo appassionato, che con la sua straordinaria testimonianza di vita ha reso più ricca e più consapevole la nostra città.

La morte di don Giuseppe Cacciami lascia coloro che l’hanno conosciuto e lungamente frequentato in una condizione di invincibile afasia: la poliedrica ricchezza della personalità, l’eclettica versatilità dell’intelligenza e il dinamismo contagioso dell’azione sociale e pastorale impediscono di tracciarne un profilo adeguato e completo. E tuttavia la sua scomparsa, quasi otto anni dopo il faticoso esordio della malattia, lascia intatto il bisogno di dire la riconoscenza per la straordinaria semina che è stata la sua esistenza.

Quando, nei primi di maggio del 2004, è apparsa la complessità del malore che lo aveva colpito nella familiare intimità del “suo” Chiostro, ho immediatamente avvertito la portata della privazione che quell’evento infliggeva anche a me, impegnato allora nella campagna elettorale per l’elezione a sindaco di Verbania. Da numerose settimane la sua voce incalzante, appassionata e animata da un’imperiosa concitazione che rivelava il suo amore per la politica, mi spronava a un sempre più intenso sforzo per far corrispondere il respiro progettuale del mio programma elettorale al bisogno autentico della città, bisogno che don Giuseppe come pochi altri era in grado di individuare e circoscrivere con progressive sintesi di sorprendente lucidità.

Dai tempi del  circolo culturale de Il Verbano, don Giuseppe era il riconosciuto e autorevole riferimento della comunità cattolico-democratica cittadina, che trovava allora nell’azione della Democrazia Cristiana di Iginio Fabbri, di Natale Menotti, di Giulio Cesare Rattazzi, di Mario Piola, di Eugenio Oldrini, di Giuseppe Ravasio e di tanti altri ancora, il naturale riferimento politico e amministrativo. Pienamente consapevole della distinzione tra sfera politica e sfera religiosa e della piena e autonoma responsabilità dei laici cattolici nel trattare le “cose temporali”, lascito fondamentale del Vaticano II, don Cacciami intuiva che il bene comune della città nella quale aveva scelto di vivere e operare sarebbe potuto sgorgare soltanto dal processo di emulazione virtuosa tra il popolarismo cristiano di Murri, Sturzo e De Gasperi e la tradizione del movimento socialista e comunista così profondamente radicato nella Verbania “operaia” degli anni ’60 e ’70.

Sono stati anni – decenni! – di confronti (e talvolta anche di scontri) tesi, rigorosi, intensi, appassionati tra uomini che avevano la piena consapevolezza di rappresentare ampie realtà popolari animate da idealità diverse, ma portatrici di istanze e di bisogni tendenzialmente convergenti. Uomini mossi dalla certezza che dalla dialettica politica, anche aspra, sarebbe scaturita una sintesi più alta e più vera.

Nel cuore di questa complessa  dialettica costruttiva si collocavano la passione civile e l’intelligenza politica di don Giuseppe, del quale i due popolarismi riconoscevano in ugual misura il carisma, la naturale autorevolezza, la generosa dedizione. Un uomo “di sintesi”, la cui esistenza ha reso più ricca – e per sempre – la nostra comunità.

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1 risposta a GIUSEPPE CACCIAMI, LA SINTESI E L’INTELLIGENZA di Claudio ZANOTTI

  1. Ricordo gli anni allo studentato. Famiglia Studenti di Verbania-Intra, a fine anni ottanta. Per noi ragazzi era semplicemente Don Giuseppe. Sempre attento alle nostre esigenze in un periodo dove quei 130 studenti si preparavano per la maturità tecnica in uno dei più prestigiosi ITIS, il Cobianchi di Intra. Venivo dalla Svizzera, dove vivevo con i miei genitori emigrati a fine anni sessanta. Ricordo uno delle sue prime “chiare” e “dirette” indicazioni:”Non sarai mica come gli altri svizzeri… qui si studia, si lavora e ci si impegna! Formiamo uomini!” E già, quegli uomini che, orgogliosamente, don Giuseppe intravedeva in ognuno di noi, forgiati nella formazione, nella cultura e nella fede. Ricordava e conosceva la storia di ognuno “dei suoi ragazzi”. Ti incrociava nei corridoi o nella mensa della Famiglia Studenti e chiedeva sui tuoi voti:”Come stai andando? Bene, ma l’inglese và migliorato!”. Mi stupiva sempre, conosceva le debolezze e i punti forti di ognuno di noi. Conosceva le nostre storie familiari e ci incoraggiava a crescere passo dopo passo, sfida dopo sfida per essere preparati il piú possibile all’esame di maturità ed alla vita professionale o al proseguimento degli studi. Mons. Giuseppe Cacciami, un gigante. Così me lo ricordo in quegl’anni, non solo per il suo portamento fisico rispetto a noi ragazzi, ma anche per la sua attenzione, sensibilità e impegno nel mondo dei mass media e della stampa, impegnato ed a capo della Federazione italiana settimanali cattolici (FISC). Così mi sento di ricordarlo alla notizia della sua morte giuntami per sms da Don Eraldo co-responsabile dello studentato nell’ultimo decennio. Poche parole, sintetiche, ma lette e rilette perchè mi pareva quasi inverosimile, quasi che non potesse mai toccare al nostro Don Giuseppe. A lui, che tutti noi studenti guardavamo con ammirazione e riverenza per quella sua straordinaria capacità dialettica che rendeva ogni suo discorso o intervento un momento di altissima scuola di pensiero e di un acume degno di un “dotto” della Chiesa.  Stessa intelligenza e capacitá anche di semplificare e farci riflettere come è capitato in uno storico incontro con un altro gigante della Chiesa, Dom Hélder Câmara – il vescovo delle favelas – proprio lì nell’Auditorium di Famiglia Studenti e per noi studenti.
    Se Dom Hélder ci diceva “Quando io do da mangiare a un povero, tutti mi chiamano santo. Ma quando chiedo perché i poveri non hanno cibo, allora tutti mi chiamano comunista”, Don Giuseppe con un linguaggio semplice e immediato ci ricordava lo spirito vero del mettersi al servizio degli altri, il senso profondo della solidarietà a partire dai piccoli gesti, nella nostra stessa quotidianità di giovani studenti lontani da casa ma al servizio degli uni verso gli altri: il significato profondo che don Giuseppe dava alla “sua” Famiglia Studenti. Sacerdote e giornalista «Un lottatore con la penna in mano. Perché i grandi, non diventano tali se non così: lottando». Queste le poche parole del vescovo S.E. Franco Giulio Brambilla per raccontare e delineare i tratti soprattutto di un uomo con la sua passione immensa per la Chiesa e per il mondo dei mass media padroneggiando con maestria gli strumenti della comunicazione sociale con tutte le tecniche proprie che lo richiedono senza mai venire meno sui principi e sulla deontologia professionale. Questi alcuni ricordi che mi porto dentro di quegl’anni quando, ancora in erba, tutto era ancora in divenire, ma con l’obiettivo di mettere insieme professionalità, competenze e un po’ per volta sempre più esperienza anche al servizio del prossimo, come lo stesso Don Giuseppe ci ricordava in ogni occasione. Impegni che, ancora oggi, restano nel profondo del mio cuore e che, nel suo ricordo affettuoso, porto avanti con coerenza. Addio Mons. Cacciami. Ciao Don Giuseppe.

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