IL FORNO CREMATORIO TRA ESTERNALIZZAZIONE E REFERENDUM di Giuseppe GRIECO e Claudio ZANOTTI

La vicenda del forno crematorio solleva numerosi e legittimi interrogativi e reclama un approfondimento maggiore e un sovrappiù di analisi: solo così la diatriba tra “esternalizzatori” e “internalizzatori” potrà essere ricondotta alla sua sede propria, che non è quella ideologica e neanche quella di una pur legittima contrapposizione di schieramento, ma quella di una meditata ed esaustiva ponderazione di tutti gli elementi (tecnici, finanziari, economici, gestionali) in gioco. Solo così sarà possibile giungere a una decisione solidamente fondata e largamente condivisa.

La prosecuzione della raccolta di  firme per l’indizione del referendum comunale e la serata organizzata dal Consiglio di Quartiere di Pallanza-S. Anna mantengono vivo l’interesse dell’opinione pubblica sulla decisione dell’Amministrazione di “esternalizzare” e privatizzare il servizio di cremazione, da sempre gestito direttamente dal Comune con l’impianto situato nell’area del cimitero di Pallanza. Al di là della contingente dialettica di schieramento tra favorevoli e contrari, la vicenda solleva almeno due interrogativi: il primo, di carattere generale, sull’opportunità o meno di esternalizzare o privatizzare servizi pubblici locali; il secondo, più specifico, sull’opportunità di esternalizzare il forno crematorio.

Esternalizzare sì, esternalizzare no: un po’ di storia. Sull’esternalizzazione dei servizi il Comune di Verbania non ha mai assunto posizioni pregiudiziali e/o ideologiche, ma ha agito valutando caso per caso i pro e i contro secondo logiche di efficacia e appropriatezza. Spesso la scelta si è rivelata convincente, talvolta meno. A metà degli anni Sessanta (e sin quasi alla fine del secolo scorso) il Comune ha affidato a privati due grandi servizi come la raccolta dei rifiuti (a IGM) e la distribuzione del gas metano (a Padana gas), mentre negli anni Settanta ha scelto di gestire attraverso una società pubblica (Aspan) il trasporto pubblico locale (sino ad allora totalmente in mano ai privati) e lo smaltimento dei rifiuti (forno inceneritore di Mergozzo). Nel 1980 ha invece deciso di trasferire dal Consorzio Basso Toce (ente pubblico) a una società “mista” pubblico-privato (Saia spa) la realizzazione di aree industriali attrezzate nel Piano Grande e nell’ex Cartiera di Possaccio (successivamente in altre zone del Vco e del Novarese). Gli anni Ottanta hanno visto crescere la forma della società “mista” tra Comune e imprenditori privati: S.P.V. srl ha rilevato le reti idriche di Pallanza (prima in mano privata) e di Intra (gestione diretta comunale) e successivamente l’impianto di depurazione e la rete fognaria; Urbeduemila ha tentato con scarso successo di avviare l’informatizzazione dei Comuni del Vco; FinVer s’è occupata, con esiti fallimentari, di realizzare la trasformazione e la riqualificazione urbanistica ed edilizia della Sassonia; la Lido Suna srl ha gestito piscina e spiaggia a Suna. Gli anni Novanta e Duemila hanno visto un rientro in grande stile del Comune (attraverso sue società) nella gestione del ciclo dei rifiuti (ConSer Vco spa) e del ciclo idrico (Acque Nord srl, ora Acqua Novara Vco spa), mantenendo con Vco Trasporti srl il settore del trasporto pubblico locale. E’ stato invece esternalizzato il servizio di refezione scolastica (a Sodexo, ora a Elior), così come continua a essere in mano a privati (la legge nazionale vieta in questo settore l’affidamento diretto) l’appetitoso servizio di distribuzione del metano (Molteni spa). Sempre a diretta gestione comunale è stato il remunerativo servizio della Farmacia di Intra, nonostante le numerose sollecitazioni normative a vendere per fare cassa.

Un storia lunga cinquant’anni consegna agli amministratori di oggi almeno tre insegnamenti: la scelta di esternalizzare o meno va ponderata caso per caso; un servizio prima esternalizzato può essere poi motivatamente internalizzato e viceversa; lo strumento della società “mista” non funzione o funziona male (il socio privato mette sempre, e comprensibilmente, al primo posto il proprio lucro): per questa ragione la gara a “doppio oggetto” per trovare un socio privato a ConSer Vco non andrebbe fatta.

Esternalizzare il forno crematorio? Ad oggi purtroppo i dati in possesso sono piuttosto frammentari e dunque insufficienti perchè i cittadini possano formarsi un’opinione in merito.  La cosa non va bene e si può solo sperare che nelle prossime settimane il flusso delle informazioni si intensifichi e migliori.

Una prima considerazione emerge dall’analisi dei numeri del fenomeno della cremazione. L’impianto di Verbania effettua 1200/1300 cremazione annue, che riguardano in piccola parte cittadini residenti in città (poco meno di 200): un numero di scarsa rilevanza, se commisurato ai trattamenti annui (15%), ma che è comunque pari al 50% delle persone che annualmente muoiono a Verbania. Poiché nelle carte di cui si è discusso in Consiglio Comunale si parla di raddoppio della linea oggi esistente, è tutt’altro che irrilevante stabilire di quanto aumenterebbero i trattamenti rispetto ai 1200/1300 attuali; è probabilmente irrealistico sul piano tecnico-gestionale (ma la cosa andrebbe verificata nel merito) ipotizzate che raddoppio della linea significhi raddoppio del trattamenti (2500/anno), ma neppure si può pensare, in termini di ritorno dell’investimento, che a linee raddoppiate il forno continui a funzionare con una linea per volta. Ipotizzando che il raddoppio della linea attuale porti a un incremento del 50/70% delle cremazioni, il nuovo impianto supererebbe abbondantemente le 2000 cremazioni/anno, di cui meno del 10% riguardanti i residenti. Saremmo di fronte a una vera e propria operazione imprenditorial/commerciale, legata sì ai nostri Servizi Cimiteriali per l’elevata percentuale dei residenti (almeno la metà, ma il trend potrebbe essere in crescita) che scelgono la cremazione, ma totalmente svincolato da essi per le imponenti dimensioni economiche e commerciali della cremazione che la costruzione di un impianto a due linee di fatto realizzerebbe.

E’ stata ben considerata questa profonda trasformazione in senso imprenditorial/commerciale del servizio di cremazione, in relazione alle caratteristiche e alla funzione (non commerciale ma di fondamentale servizio pubblico) dei Servizi Cimiteriali? Proprio la previsione di una sempre più accentuata divaricazione tra l’ “osso” dei servizi cimiteriali rivolti ai residenti (i servizi ordinari legati alla gestione di breve, medio e lungo periodo di inumazioni/esumazioni e la manutenzione ordinaria/straordinaria dei nove cimiteri) e la “polpa” del raddoppiato impianto di cremazione (rivolto in maniera quasi esclusiva a non residenti) non potrebbe consigliare il mantenimento di una gestione unitaria e internalizzata in grado di assorbire il grande squilibrio economico delle due attività, evitando di dare la sensazione che dove ci sono margini economici elevati e sicuri arriva il privato e dove ci sono le rogne e le spese resta il Comune?

A sostegno della bontà della proposta di esternalizzazione/privatizzazione vengono addotte ragioni tecniche, gestionali, economiche e finanziarie, che vengono illustrate nel documento finale approvato dal Consiglio Comunale: la crescente complessità tecnica dell’impianto e del trattamento dei fumi; la mancanza di personale specializzato nella supervisione e nella manutenzione del forno; il futuro pensionamento degli operatori attualmente addetti all’impianto e i vincoli di legge sulle nuove assunzioni di dipendenti comunali; il costo degli interventi di manutenzione straordinari necessari per mantenere in buona efficienza l’attuale forno (realizzato nel 2004); le conseguenze negative sul Patto di Stabilità interno di un eventuale investimento a carico del Comune. Alcune di queste ragioni hanno una loro forza e meritano di essere seriamente considerate. Per questo sarebbe opportuno che i punti a sostegno dell’esternalizzazione, richiamati in maniera sintetica nella deliberazione, venissero singolarmente dettagliati e motivati, con particolare riferimento ai contenuti tecnici ed economici dei progetti di manutenzione straordinaria dell’attuale impianto, (ipotesi che l’Amministrazione ha preventivamente scartato) e alle ricadute finanziarie e di bilancio della loro esecuzione.

Di converso, tra le ragioni di coloro che si oppongono alla esternalizzazione non vanno trascurate quelle di natura ambientale, legate alle ricadute che un impianto raddoppiato rispetto a quello attuale genererebbe in una quartiere così densamente abitato come quello di Sant’Anna.

Insomma, la vicenda del forno crematorio solleva numerosi e legittimi interrogativi e reclama un approfondimento maggiore e un sovrappiù di analisi: solo così la diatriba tra “esternalizzatori” e “internalizzatori” potrà essere ricondotta alla sua sede propria, che non è quella ideologica e neanche quella di una pur legittima contrapposizione di schieramento, ma quella di una meditata ed esaustiva ponderazione di tutti gli elementi (tecnici, finanziari, economici, gestionali) in gioco. Solo così sarà possibile giungere a una decisione solidamente fondata e largamente condivisa.

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1 risposta a IL FORNO CREMATORIO TRA ESTERNALIZZAZIONE E REFERENDUM di Giuseppe GRIECO e Claudio ZANOTTI

  1. Pietro Mazzola scrive:

    OK ! Giusto l’approfondimento fuori da ogni ideoligicizzazione.Ma perchè non lo si è fatto prima? Il personale specializzato. Dove sono finiti quelli dell’inceneritore di Mergozzo?

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