LA SCUOLA VERBANESE TRA PROROGHE, DEROGHE E ACCORPAMENTI

La città rischia in pochi anni di perdere il Liceo Scientifico e Classico “B. Cavalieri”, al quale manca una cinquantina di iscritti per superare la soglia dei 600 alunni. Forse è tempo di ragionare sull’offerta formativa della scuola superiore verbanese.

Questo mese è stato molto negativo per la scuola verbanese. Il segmento dell’obbligo (Materne, Elementari e Medie) ha subito la riduzione da cinque a quattro delle Autonomie preesistenti (i tre Circoli Didattici e le due Scuole Medie), con un’operazione di radicale scomposizione e ricomposizione di scuole e di plessi che determinerà perdita di posti di lavoro, interruzione di continuità didattica e problemi organizzativi (leggi qui: https://www.verbaniasettanta.it/?p=3826 e qui: https://www.verbaniasettanta.it/?p=3848). A nulla sono valse le molte e puntuale contestazioni venute dal sindacato, dal personale, dalle famiglie, dagli organi collegiali, dalle forze politiche.

Adesso è la volta delle Superiori. La norma vigente prevede infatti che una scuola con meno di 600 alunni (400, se in Comuni di montagna) perda i due dirigenti (il preside e segretario amministrativo) e venga affidate a un “reggente”: in altre parole, la scuola resta formalmente “autonoma” (mantiene cioè il nome, il codice, l’organico di personale docente e non docente, gli organi collegiali), ma nella sostanza si trasforma in “sezione staccata” di un’altra istituzione scolastica, dalla cui dirigenza inizia a dipendere. E’ questo il rischio che incombe sul Liceo Classico e Scientifico “Cavalieri”, i cui alunni sono circa 560. Parliamo di “rischio” perché quando una scuola, soprattutto se così caratterizzata e tipica come un Liceo, perde la “riconoscibilità” legata alla figura di un dirigente esclusivo e dedicato, indebolisce la propria identità e gradualmente cessa di essere percepita come un’opzione formativa dotata di specificità e di unicità all’interno di un panorama di “offerta scolastica” in accelerato e profondo mutamento. Insomma, “c’è”, ma stenta ad essere riconosciuta e ad essere scelta. C’è, ma in un tempo relativamente breve potrebbe non esserci più.

Per evitare questo rischio, nell’immediato la Provincia deve rivendicare con nettezza il carattere “montano” della scuola. Verbania non è Novara, non è Vercelli; non è cioè un Comune di pianura. E’ uno dei due Comuni del Vco (l’altro è Belgirate) a non avere mai avuto il requisito di “Comune montano” per ragioni altimetriche (in nessun punto raggiunge i 700 mt l.m.), ma di fatto assicura servizi di ogni tipo (e dunque anche quelli scolastici) agli abitanti di decine di Comuni a tutti gli effetti “montani” che su Verbania gravitano. Esattamente come accade a Omegna e Domodossola. Ed esattamente come Domo e Omegna, Verbania deve essere riconosciuta come una realtà al servizio di un territorio provinciale totalmente montano, al di là del possesso del requisito formale. Su questa basi alla Regione e al Ministero va richiesta una deroga permanente e motivata, perché anche alle scuole superiori della nostra città si applichino le soglie minime che valgono per le scuole superiori di Domodossola e di Omegna: 400 alunni.

La Provincia ha nelle settimane scorse individuato anche un’altra strada per garantire il superamento della soglia dei 600 alunni: assegnare al Liceo “Cavalieri” il corso liceale di “Scienze Applicate”, scorporandolo dall’istituto “Cobianchi”. La proposta ha innescato una forte, immotivata e francamente sgradevole campagna giornalistica tesa ad accreditare l’esistenza di una “guerra” tra scuole, che il “Cavalieri” non ha mai intrapreso. La vicenda ha avuto però il merito di mettere in rilievo l’esistenza di un quadro dell’”offerta formativa” cittadina piuttosto problematico. Le tre scuole superiori (Liceo “Cavalieri”, Istituto “Ferrini-Franzosini”, Istituto “Cobianchi”) hanno infatti caratteristiche nettamente differenti e in alcuni casi tendenzialmente confliggenti. Il “Cobianchi” (1.600 alunni ca) è una vera e propria scuola “universalistica”, con corsi di antica tradizione tecnico-industriale (Meccanica, Chimica, Elettrotecnica-Elettronica, Informatica) e corsi di profilo marcatamente “liceale” (Scienze Applicate, Linguistico, Scienze Umane e Sociali); il “Ferrini” esprime un carattere – diciamo così – “semiuniversalistico”, coprendo le aree disciplinari amministrativo-commerciali (Ragioneria, Liceo economico, Servizi Commerciali, Servizi Turistici), tecniche (Geometri) e della comunicazione (Grafica pubblicitaria, Corrispondenti Lingue Estere); il “Cavalieri”, al contrario, è scuola “esclusivistica” di taglio solo liceale (Scientifico e Classico).

In tempi di accentuata competizione/concorrenza tra diverse scuole, la “diversificazione” delle proposte e la proliferazione di indirizzi e corsi “liceali” in tutti gli istituti superiori compongono un quadro dell’offerta formativa eterogeneo, complesso e potenzialmente penalizzante. Complesso sino al limite della confusione, soprattutto per i genitori dei ragazzi che concludono le Medie. Penalizzante per quelle scuole, come il “Cavalieri”, che hanno scelto di mantenere un profilo “esclusivistico” di tradizione liceale. E forse, al di là delle deroghe, delle soglie e delle proroghe di cui si discute in queste settimane, una riflessione sulle implicazioni e sulle conseguenze di questa “offerta” cittadina non sarebbe inutile.

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