LAVORO E OCCUPAZIONE. EMERGENZA NEL DISINTERESSE

C’è il rischio che la crisi possa passare da “industriale” a crisi sociale: licenziamenti, esaurimento della “cassa”, caduta del reddito, indigenza diffusa. A differenza della “finanziaria” e della “industriale”, la “crisi sociale” coinvolge tutti, proprio tutti. E deflagra nei paesi, nelle case, nelle famiglie.

Le notizie di quest’ultima settimana dal mondo del lavoro sono drammatiche: cassa integrazione per 260 persone di Cover Industrial; messa in liquidazione di Cover Cartotecnica, con 18 lavoratori senza lavoro; tagli annunciati e forti sofferenze all’Eremo di Miazzina, all’Auxologico di Piancavallo, alla Sacra Famiglia. Un tristissimo rosario che contribuisce ad aggravare una situazione già irrimediabilmente compromessa dalla chiusura di Acetati e dalla conseguente perdita di oltre 160 posti di lavoro. E l’aggravamento non è dato soltanto dall’aggiunta di altre situazioni di crisi a un panorama già desolante, ma all’affacciarsi di due nuovi fattori negativi.

Il primo fattore è dato dall’ “effetto spirale”: la crisi – nata come “crisi finanziaria” sul finire del 2008 e divenuta “crisi industriale” tra 2009 e 2010 – nel Vco continua ad avvitarsi in una successione di fatti che non solo non sembra rallentare, ma addirittura pare accelerare. I dati (http://images.vb.camcom.it/f/SviluppoTerritorio/Studi/41/4126_CCIAAVB_3152011.pdf) che la Camera di Commercio trimestralmente diffonde, dipingono un quadro contrastato nel quale, accanto a elementi moderatamente positivi (aumento della produzione su base annua), ve ne sono altri incerti (stazionarietà degli ordinativi, indebolimento del fatturato) e altri nettamente negativi (calo dell’occupazione). Proprio quest’ ultimo indicatore contiene in nuce il rischio che nel Vco la crisi possa passare da “industriale” a crisi sociale: licenziamenti, esaurimento della “cassa”, caduta del reddito, indigenza diffusa. A differenza della “finanziaria” e della “industriale”, la “crisi sociale” coinvolge tutti, proprio tutti. E deflagra nei paesi, nelle case, nelle famiglie.

Il secondo fattore è l’inaspettato, accelerato e generalizzato deterioramento del comparto dei servizi sanitari privati convenzionati. Nel Vco, e segnatamente nel Verbano, questo settore garantisce molte centinaia di posti di lavoro. Il “Piano Cota” di rientro del deficit della Sanità piemontese, che nessuno ha capito e nessuno tenta di spiegare, con l’annuncio di tagli indiscriminati rischia di terremotare una realtà che negli ultimi decenni ha offerto l’unica vera, consistente alternativa occupazionale alla crisi del sistema industriale nel Verbano. E’ un allarme vero, che potrebbe saldare l’ormai conclamata crisi del sistema industriale all’incipiente e annunciata crisi del sistema dei servizi, quelli socio-sanitari in primo luogo. Con quali conseguenze sociali ed occupazionali, lascio al lettore immaginare.

Tutto ciò sta avvenendo in un clima di sostanziale e diffuso disinteresse da parte delle istituzioni. La Regione, ferma da mesi nell’indecisione del Piano di Rientro, è annichilita dall’arresto dell’assessore alla Sanità; la Provincia, pur sollecitata energicamente e pubblicamente dal sindacato, tergiversa nell’inconcludenza dilatoria; il Comune è totalmente assente da ogni tavolo di confronto, pur essendo Verbania la città nel cui perimetro geografico e sociale stanno avvenendo i fatti sopra richiamati.

Ma da un’Amministrazione che sulla vertenza Acetati non è stata capace neppure di convocare il Gruppo di Lavoro istituito dal suo Consiglio Comunale, cos’altro aspettarsi?

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