LE RAGIONI DI PIERLUIGI di Diego BRIGNOLI

Primarie e PD. Pubblichiamo il contributo di Diego Brignoli, che sostiene localmente la candidatura di Pier Luigi Bersani alla guida di un governo di Centrosinistra nella prossima legislatura.

Da buon dilettante della politica approfitto del riposo domenicale per fissare qualche riflessione sul tema del giorno: le primarie, uno strumento tutto nostro, straordinario, da usare con attenzione e parsimonia. Bene se lo si utilizza per individuare il candidato migliore, per confrontare idee e programmi, per riunire intorno ad un progetto una comunità, per riconnettere  un Paese stanco e schifato dell’immonda politica che ci soffoca a quella buona politica che ancora esiste  e di cui abbiamo un gran bisogno.

Male, anzi malissimo, se diventano occasione di scontro, utilizzate per regolare  conti, per far fuori gli avversari (!) interni, per contrapporsi, per escludere anziché unire e riconnettere. Il termine che ha contraddistinto una consistente parte del dibattito è stato “rottamazione”, parola di grande forza mediatica, impossibile da sostituire con “cambio generazionale” o altre espressioni irrimediabilmente più deboli. Renzi e i rottamatori sono così diventati il simbolo del cambiamento, del nuovo, in contrasto con una classe politica arroccata e inamovibile, impegnata a difendere posizioni e privilegi. Ma non è così.

Tutti d’accordo che politica e paese vadano svecchiati, rinnovati, ripuliti, che vada contrastata l’inamovibilità dei politici con gli immancabili corollari di privilegi irrinunciabili; via i professionisti della politica, via chi ci sta da troppo tempo, spazio alle nuove leve. Curioso che ad incarnare questa novità sia il Sindaco di una grande città (a dispetto di quel che dice Marchionne) che prima di fare il Sindaco faceva il presidente della Provincia. Un curriculum da professionista della politica. O no?

Le nuove leve poi. Ben vengano, ci mancherebbe! Ma anche qui, attenzione. Senza arrivare a casi estremi come quello del simpatico Valerio Carrara che, unico senatore eletto nel 2001 per l’IDV, pensò bene di passare a Forza Italia il giorno stesso dell’insediamento a Palazzo Madama (un mito!), anche noi non ci siamo fatti mancare nulla: nel 2008 in Veneto il capolista fu Calearo, il bravo, giovane imprenditore illuminato alla sua prima elezione; un anno dopo se ne andò. Ora dopo essere approdato a “Popolo e Territorio” confessa candidamente di  non andare quasi più in parlamento e di utilizzare lo stipendio per pagare il mutuo. Attenzione alle novità ad ogni costo.

Ma veniamo ai fatti. Se le primarie si fanno è perché Bersani ha chiesto l’abolizione dell’articolo dello statuto del partito che indicava nel segretario l’unico candidato alle primarie di coalizione. Ha rinunciato ad una automatica investitura e si è messo in gioco e questo gli va riconosciuto. Sono state fissate delle regole votate in un’apposita assemblea; saranno anche complicate, ma sono state votate all’unanimità dall’assemblea nazionale. Non è accettabile che Renzi, che a quell’assemblea non partecipò, le definisca oggi una porcata  contro di lui. La personalizzazione della politica è purtroppo pressoché inevitabile, lo scotto che paghiamo alla società dell’immagine nella quale viviamo. Indiscutibilmente la figura brillante, un po’ guascona di Renzi sovrasta l’immagine un po’ provinciale e demodé di Bersani e i suggerimenti di Giorgio Gori (sì, proprio quello dell’Isola dei Famosi), guru del nostro giovin Matteo certamente ne impreziosiscono l’immagine. A Bersani non restano che le massime che Crozza amplifica.

Ma non mi pare si debba scegliere un candidato al David di Donatello. Servono serietà, competenza, concretezza e mi piace ricordare che a Bersani (ricordiamo le “lenzuolate”?) si devono piccole grandi rivoluzioni che hanno toccato la vita quotidiana di tutti: cancellazione dell’ipoteca sulla casa dopo l’estinzione del mutuo senza ricorrere al notaio, possibilità di cambiare banca senza spese fisse, eliminazione delle commissioni per la ricarica dei cellulari…

Che Renzi possa poi incarnare lo “spirito” del Lingotto, la vocazione maggioritaria andata delusa nelle elezioni del 2008, non mi pare credibile. Non si tratta di trovare la formula di un fantomatico progetto in grado di accontentare tutti allargando così il consenso. Non si tratta peraltro nemmeno di  rincorrere nuove alleanze che rischiano di rivelarsi fragili e pericolose (un film purtroppo già visto). Si tratta di centrare quegli obiettivi programmatici indispensabili ad affrontare una crisi che non è finita e che non finirà tanto presto. Si tratta di comprendere che ci troviamo nel bel mezzo di una crisi diversa da tutte le altre che l’hanno preceduta e che il modello di sviluppo che ha costituito il motore degli ultimi 30 anni ha perso di efficacia. Occorre individuare nuove strade, nuove aree, nuovi motori di crescita e sviluppo sui quali investire per condurre il paese ad una nuova fase di benessere stabile e duraturo.

Lotta ad una disuguaglianza diventata insopportabile, riqualificazione del lavoro e dignità dei lavoratori, tutela degli ultimi, un welfare inteso come motore di sviluppo, lotta all’illegalità e all’evasione fiscale, sobrietà nella politica, investimenti in ricerca e formazione, sviluppo sostenibile, servizi accessibili a tutti, rispetto dei diritti individuali….sono principi programmatici che troviamo ben definiti nella “carta d’intenti”, il patto dei democratici e dei progressisti. Non sono compiti facili, governare il Paese sarà molto difficile per chiunque, non facciamoci ingannare da ricette che rasentano il populismo, da personaggi accattivanti che “bucano lo schermo” ma dei quali ignoriamo la reale solidità, da messia che attraversano mari a nuoto (e meno male che sulle acque non ha camminato).

Usiamo questo mese che ci separa dalle primarie per mettere in evidenza i programmi, i progetti, le proposte. Stiamo quanto meno offrendo al Paese una prova di vitalità ben lontana dal triste panorama del campo avverso.

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