LUNGOLAGO “PARLANTI” E GIARDINI VIVENTI di Pier Angelo GARELLA

Ecco come la riprogettazione dei lungolago assumerebbe un senso più ampio, contribuendo a unificare attraverso la smagliante flora (“Dove fioriscono i limoni“, scriveva Goethe) una città che ha bisogno di risvegliarsi dal sonno e ritrovare una identità condivisa dalla cittadinanza

Leggo le proposte dei Gruppi del Centrosinistra per la riqualificazione urbana dopo il wind burnt, e mi permetto di aggiungere qualche spunto, riprendendo un’idea che avevo esposto alla Biblioteca Civica per il parco.

Sto passando in rassegna alcune delle ville della sponda piemontese legate a eventi e personaggi della letteratura, sicché mi convinco sempre più quanto sia rilevante il nostro particolare patrimonio, in armonia con l’ambiente in cui i viaggiatori del Grand Tour vedevano l’Eden – ci rammenta Mario Soldati che William Butler si ispirò al Verbano e ai sacri monti per delineare l’utopica terra felice in ‘Erewhon’.

Orbene, a Montreux-Vevey la ‘Balade des poètes’ inanella luoghi, musei, statue, panchine dedicate a scrittori per percorsi di scoperta e di riflessione. Qualcosa di analogo potrebbe farsi anche a Verbania. Si prendano intanto i due capi del percorso ciclo-pedonale: Villa Maioni e Villa Giulia. Lungo il tragitto che li unisce ci sono Villa Taranto e Villa San Remigio (non si dimentiche che l’ingresso vero è proprio accanto a quello di villa Taranto, e riproporrebbe l’itinerario più significativo, toccando il bosco tanto caro a Silvio Della Valle) e ville private che talora furono aperte a visite guidate in passate edizioni di Editoria & Giardini. Se ville pubbliche e private si integrassero nel sistema, le attrazioni per il visitatore sarebbero irresistibili.

Il percorso potrebbe arricchirsi di altre suggestioni se il parco di Villa Maioni dedicasse ognuno dei suoi alberi al nome di uno scrittore che abbia ambientato le sue storie nei nostri luoghi, e se alla scultura di Carlo Manini – accantonata ora non si sa per quale ragione, dopo essere stata tolta da un’efficace presenza in piazza san Vittore – se ne aggiungessero altre (ancora di Manini, magari, a costituire un suo museo all’aria aperta come quello dedicato da Druogno a Giancarlo Sangregorio con il ‘Giardino di Montagna’, e di altri artisti verbanesi ossolani ticinesi che abbiano impiegato le nostre pietre).

Da tale punto di partenza, in cui si passeggerebbe alla Rousseau, il percorso (la nostra ‘balade’) potrebbe avere punti di sosta con informazioni da leggere sulle ville, su quanto è visibile a monte e a lago. L’asse pedonale così attrezzato diverrebbe ‘parlante’, e avvierebbe una spina di collegamento tra i vecchi centri, usando la litoranea come una balconata – in scala più ampia, quel che si ha a Villa San Remigio sulla terrazza orientale che i Della Valle denominavano ‘belvedere’, dove Boccioni ritrasse Busoni. E Villa San Remigio si confermerebbe quel che è in realtà: un polo di riferimento geografico e simbolico per l’intera Verbania, poiché i coniugi che le dedicarono quarant’anni di impegno la pensarono come il compendio della felicità naturale e dell’arte e della fabbrilità umana. Quell’asse non potrebbe poi che allungarsi, per valicare il san Bernardino e collegarsi alla spina intrese (la Contrada) da una parte, dall’altra raggiungendo la Ruga pallanzese e al suo culmine il Museo del Paesaggio, che deve riacquistare appieno il suo ruolo e merita investimenti adeguati per diventare centro di documentazione e di studio aperto non solo alla conservazione dei lasciti conferitigli ma anche a ‘visioni’ nuove. Il centro culturale di Villa San Remigio dialogherebbe con il Museo nel condiviso intento di valorizzare il patrimonio storico e ambientale, divenendo a sua volta centro di formazione per architetti paesisti e giardinisti.

Ecco come la riprogettazione dei lungolago assumerebbe un senso più ampio, contribuendo a unificare attraverso la smagliante flora (“Dove fioriscono i limoni”, scriveva Goethe) una città che ha bisogno di risvegliarsi dal sonno e ritrovare una identità condivisa dalla cittadinanza. Altre diramazioni, in un sistema di relazioni che diventino rete geografica e culturale, si svilupperebbe con luoghi della cintura, per la memoria che lega Verbania al circondario fin dall‘universitas tracciata negli Statuti del 1393. La città addormentata forse trarrebbe da questa tela e da questi riannodati fili una nuova consapevolezza del proprio ruolo.

E gli abitanti – forse – tornerebbero a sentirsi cittadini, se chiamati a condividere un progetto di lunga portata insieme con tutti coloro che qui si affacciano per trovare dimora, affinché poi siano accolti appropriatamente quanti qui vengano a riscoprire il genius loci che contraddistingue da secoli questi siti, e che altri hanno percepito e descritto meglio di noi…

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