OSPEDALE UNICO PROVINCIALE. PROTOCOLLI, PARADOSSI E LABIRINTI di Diego BRIGNOLI, Italo ISOLI, Roberto NEGRONI, Claudio ZANOTTI

Accantonata in via preventiva ogni riflessione di carattere culturale sui presupposti e sulle implicazioni di una scelta così radicale come quella di chiudere i due storici nosocomi per costruirne uno nuovo, il dibattito (se mai c’è stato) s’è risolto nel confronto tra amministratori per individuare un’area che politicamente non scontentasse troppo nessuno. Non quella più razionale e appropriata. E così è saltata fuori la collinetta sovracimiteriale di Ornavasso: abbastanza a sud, ma geograficamente in territorio ossolano.

La “campagna d’autunno” della Regione Piemonte sul nuovo ospedale unico si è conclusa con l’approvazione da parte dell’assemblea del sindaci dell’Asl di un Protocollo d’Intesa che, al di là del consueto profluvio verbale in burocratese, fissa due punti: la localizzazione della struttura in collina sopra Ornavasso (art. 4) e la cessione/alienazione/vendita sia del “Castelli sia del “San Biagio” (art. 6).

La scelta del sito sposa dunque l’ipotesi che da queste colonne virtuali avevamo documentatamente indicato come una delle meno indicate (leggi qui e qui), giudizio che ci sentiamo di rafforzare ulteriormente con le considerazioni che i nostri lettori potranno leggere in questo nuovo articolo. Se il nodo gordiano della localizzazione è stato tagliato in modo totalmente insoddisfacente, continuano a restare inevase le altre questione che a più riprese erano state anche da noi sollevate: il reperimento delle risorse finanziarie, il piano di fattibilità, il destino del Castelli e del San Biagio.

La lettura del Protocollo rivela un percorso labirintico e paradossale. Il paradosso emerge con sconcertante evidenza dall’art. 4, proprio quello che si prefigge l’obiettivo di risolvere il nodo-localizzazione. In esso prima si dà atto che “la Rappresentanza dei Sindaci ha individuato nel Comune di Ornavasso ‘collina’ l’area per la realizzazione dell’ospedale unico del VCO”, poi si afferma che sarà la Regione a “definire specificamente l’area” (cosa vuol dire?) alla luce “delle verifiche e delle valutazioni tecniche” sui vincoli esistenti (idrogeologici e ambientali), sulle infrastrutture (inesistenti), sulla rete dei trasporti (che non c’è), sull’accessibilità (carente, per non dire assente). In un mondo normale queste verifiche si sarebbero dovute eseguire prima di compiere una scelta “secca” e impegnativa e, soprattutto, avrebbero dovuto comprendere anche le altre aree potenzialmente idonee, come ad esempio quella di Fondotoce tra “Gran Casa” e “Raffineria Metalli Cusiana”, che per ragioni incomprensibili (o troppo facilmente comprensibili) è stata cancellata da ogni ragionamento. Bisogna sperare che il mondo normale, volatilizzatosi nel Vco, ricompaia in qualche ufficio della Regione.

Il labirinto “protocollare” risalta nel cronogramma delle operazioni per realizzare l’ospedale unico. Il primo a muoversi sarà il Comune di Ornavasso: entro quattro mesi dalla sottoscrizione del Protocollo dovrà “individuare l’area sulla quale realizzare il nuovo ospedale” (ma non è già stata individuata?). Poi toccherà alla Regione redigere il Quadro esigenziale e funzionale dell’opera, in base al quale l’Asl Vco predisporrà lo Studio di Fattibilità, che dovrà contenere il “quadro economico-finanziario” e le “modalità di realizzazione” dell’ospedale. Acquisito lo Studio di Fattibilità, bisognerà mettere mano al Piano economico-finanziario previsto dall’art. 7, per rendere possibili “investimenti di carattere privato, come la formula del partenariato pubblico privato collegata agli strumenti comunitari di sostegno o del partenariato pubblico privato”. A questo punto la Regione “attiverà le procedure” per stendere l’Accordo di Programma tra le parti. Tutto ciò non prima che i Comuni di Verbania e Domodossola abbiano variato i rispettivi Piani Regolatori per poter inserire (art. 6) nel Piano di Valorizzazione e Alienazione dell’Asl gli ospedali Castelli e San Biagio “ai fini della loro successiva alienazione”. Capito?

La confusa approssimazione che regna nel Protocollo è figura dell’altrettanto confusa approssimazione con cui la il territorio e le sue istituzioni hanno in queste settimane affrontato il nodo dell’ospedale unico provinciale. Accantonata in via preventiva ogni riflessione di carattere culturale sui presupposti e sulle implicazioni di una scelta così radicale come quella di chiudere i due storici nosocomi per costruirne uno nuovo, il dibattito (se mai c’è stato) s’è risolto nel confronto tra amministratori per individuare un’area che politicamente non scontentasse troppo nessuno. Non quella più razionale e appropriata. E così è saltata fuori la collinetta sovracimiteriale di Ornavasso: abbastanza a sud, ma geograficamente in territorio ossolano. Il resto per ora non conta.

Poi si vedrà.

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3 risposte a OSPEDALE UNICO PROVINCIALE. PROTOCOLLI, PARADOSSI E LABIRINTI di Diego BRIGNOLI, Italo ISOLI, Roberto NEGRONI, Claudio ZANOTTI

  1. silvia scrive:

    Grazie per l’analisi dettagliata e anche i precedenti articoli. Da non addetta ai lavori, mi frullano in testa alcune domande a cui non so rispondere: ma con che diritto/autorità questi sindaci che fino a poche settimane fa strombazzavano che “i due DEA non si toccano” adesso si inchinano a questa decisione calata dall’alto? E la specificità montana del territorio dov’è finita? E con che faccia si può sostenere che un ospedale unico a Ornavasso sia un progetto valido?
    Tanto di cappello ai sindaci che hanno abbandonato la riunione-farsa.
    E per finire: ma se la regione non fosse stata governata dal PD, come si sarebbe reagito a una simile presa in giro? Questa pedissequa obbedienza degli amministratori locali è a dir poco inquietante.

  2. Roberto De Magistris scrive:

    Sto facendo una gran fatica, ma devo ammetterlo, condivido ogni singola parola (a parte la localizzazione a Fondotoce in un area potenzialmente esondabile e quindi gravata da fascia di rispetto) di questo articolo. Guai! se una proposta del genere l’avesse fatta il centrodestra. (p.s. i sindaci che hanno lasciato polemicamente l’incontro sono della Lega Nord)

    • silvia scrive:

      Perché una gran fatica? Se vedo (uso la prima persona ma sto parlando in generale) un ragionamento condivisibile e apprezzabile fatto da una persona o da un gruppo che politicamente appartiene a uno schieramento diverso dal mio, posso solo rallegrarmene. Credo che sia veramente arrivato il momento di smettere di ragionare “per tifoseria” e che la politica debba (ri)cominciare a svolgere il suo ruolo, al servizio della comunità. Apprezzo quindi questa dichiarazione di De Magistris, un passo verso la comunicazione fra soggetti di buona volontà e si spera dotati di buon senso.

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