PIANGE IL TELEFONO…

Nei Comuni normali, un sindaco che riceve migliaia di firme in calce a una petizione cerca immediatamente il confronto con i promotori, per capire e spiegare. A Verbania no: qui da noi telefona a casa dei firmatari e manda in scena un interrogatorio da Scherzi a parte.

Nel fallimentare e solitario tentativo di difendere il Bilancio 2011, Zacchera in Consiglio Comunale se n’è uscito con un‘altra delle sue, riuscendo in un sol colpo a fare insorgere tutta la Minoranza, a denigrare migliaia di cittadini e a imbarazzare i suoi stessi consiglieri. Per giustificare la prosecuzione dell’iter dell’ibrido da 18 milioni dell’Arena, nonostante le 3.300 firme raccolta in un paio di mesi da un Comitato spontaneo di cittadini, Zacchera ha rivelato di aver preso in mano il telefono e di avere chiamato a casa alcuni dei firmatari della petizione che chiede la realizzazione del nuovo teatro cittadino all’ex Sociale di Pallanza. Ecco la dichiarazione testuale: “Ho telefonato a caso ad alcuni dei firmatari presenti nell’elenco della sottoscrizione e mi hanno detto che non condividevano quello che c’era scritto nella petizione, che non avevano capito quello che avevano firmato“.

Immaginatevi la scena. All’ora di pranzo la signora Maria, alle prese con il brasato, sente squillare il telefono: “Pronto, sono il sindaco di Verbania. Ho visto che lei ha firmato la petizione per il teatro all’ex Sociale. Ma ha capito bene per cosa firmava? Mi saprebbe riassumere il contenuto del testo da lei sottoscritto?”  Ora, in un Comune normale una cosa del genere non sarebbe neppure immaginabile; in un Comune normale il sindaco, ricevuta una petizione sottoscritta da un numero di elettori pari al 15% di coloro che hanno votato alle ultime elezioni, aprirebbe immediatamente un confronto serrato con i promotori dell’iniziativa, per capire le ragioni di un pronunciamento così esteso e così radicalmente confliggente con le scelte dell’Amministrazione.

In un Comune normale. Nel Comune di Verbania, no. Qui da noi il sindaco neppure riceve i promotori della petizione, ma si mette compulsivamente a telefonare a casa di Tizio e di Caio, per farsi dire quello che si aspetta e che – purtroppo per lui –  non è. E cioè che la città che gli tocca di amministrare è composta da minus habentes. Da gente che firma senza capire quello che ha sottoscritto. E magari gli capita di trovare all’altro capo del filo la signora Maria, quella che ha firmato due mesi fa, il cui orizzonte esistenziale forse non è interamente occupato dalla vivida e galvanizzante memoria di quella fatidica firma. Ma la malcapitata, nel torpido mezzogiorno di un aprile precocemente canicolare, mentre sorveglia la cottura del brasato, riceve la telefonata del Primo Cittadino, che così, a bruciapelo, di quella firma chiede conto, chiede ragione, chiede giustificazione.

E che avrà pensato la signora Maria, dopo avere buttato lì qualche risposta inevitabilmente farfugliata (fa caldo…il brasato…il Primo Cittadino…)? Avrà pensato: “Ma siamo su ‘Scherzi a parte?”

Questa voce è stata pubblicata in Teatro. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento