RIGENERAZIONE ACETATI: CALMA E GESSO di Claudio ZANOTTI

Se tutto quanto sinora detto ha qualche fondamento, diventa fondamentale la questione del metodo. La rigenerazione Acetati richiede non solo di essere analizzata con attenzione e ponderazione dalla Giunta e dagli organismi tecnici del Comune, ma di essere sottoposta ad una valutazione più ampia, che coinvolga in un arco di tempo congruo le forze politiche, gli organi dell’Amministrazione (il Consiglio Comunale e le sue Commissioni, i gruppi consiliari), le associazioni di categoria, le realtà di partecipazione diffusa. Accelerazioni ingiustificate o fughe in avanti non gioverebbero alla causa.”

La notizia, oggettivamente eclatante, della presentazione all’Amministrazione Comunale da parte della proprietà di una proposta (leggi qui e qui) di riutilizzo dell’area ex Acetati sollecita una prima, sommaria e inevitabilmente provvisoria riflessione per punti.

La bonifica. Chi, come, quando. Acetati cessa la propria attività industriale nel 2010, nonostante l’ampia mobilitazione cittadina – promossa in particolare dal Centrosinistra, allora forza di Minoranza in Comune – tesa a scongiurare una dismissione che avrebbe creato due gravissimi problemi: il primo occupazionale (perdita secca di poco meno di 200 posti di lavoro), il secondo ambientale (bonifica dell’area dopo ottant’anni di produzione industriale). Nonostante la forte pressione delle forze politiche, il Tavolo di Lavoro tra dirigenza Acetati e Comune di Verbania stentò a decollare e di riutilizzo e/o bonifica e riconsegna del sito alla città in breve non si sentì più parlare. Leggiamo oggi che il piano di caratterizzazione propedeutico alla bonifica fu approvato nel 2012 e nel 2018, dopo sei anni, non è ancora completato; risultano però già individuati una decina di punti in cui sono presenti metalli pesanti e due aree con amianto interrato, mentre si dichiara che in alcune zone dell’ex insediamento industriale (160.000 mq totali) bisogna ancora “completare gli accertamenti” e compiere “ulteriori indagini” per “delimitare l’estensione e definire le caratteristiche degli interventi di risanamento necessari in alcune puntuali situazioni contaminate da metalli o da presenza di asbesto [ovvero amianto]”.

Quando (appunto: quando?) tutto sarà stato fatto, chi metterà mano al portafoglio? Acetati prima dichiara la propria “illiquidità” (niente soldi) e di aver richiesto l’ammissione al concordato preventivo previsto dalla legge fallimentare, poi nega di poter essere “soggetto attuatore della trasformazione urbana e della riqualificazione dello stabilimento”, infine annuncia che “qualora Acetati non fosse in grado di completare gli interventi di bonifica nei tempi più brevi perché nell’impossibilità di vendere le aree dello stabilimento in assenza di approvazione della trasformazione urbanistica, i costi del risanamento ambientale ricadrebbero sulla collettività.” Ad evitare qualsiasi dubbio o fraintendimento, Acetati ci informa che “allo stato attuale la società Acetati non dispone delle risorse liquide necessarie al completamento delle analisi di caratterizzazione e di progettazione degli interventi di bonifica e/o risanamento ambientale” e per questa ragione “è necessario destinare parte delle risorse generate dalla vendita delle porzioni immobiliari al completamento di questi interventi”. In sostanza Acetati pone il Comune di fronte a un percorso obbligato: poiché la società non ha soldi e non ha neppure completato il piano di caratterizzazione propedeutico alla bonifica ed è in procedura fallimentare con la dote rappresentata esclusivamente dai ricavi della futura, eventuale alienazione delle aree, l’Amministrazione Comunale deve garantire il venditore (Acetati) e i potenziali acquirenti/investitori delle aree a destinazione commerciale con le seguenti azioni:

  • approvazione di un Piano Particolareggiato e della conseguente convenzione attuativa coerente con i contenuti del master plan presentato da Acetati, prevedendo realizzazioni separate anche temporalmente per le tre aree di intervento proposte (cfr infra);
  • certezza sulla possibilità di insediamento nelle aree di intervento di attività commerciali al dettaglio (Medie Strutture di Vendita);
  • acquisizione della “certificazione ambientale di avvenuta bonifica o messa in
    sicurezza permanente…..e la garanzia per eventuali vizi e smaltimenti di eventuali ulteriori passività ambientali che si riscontrassero nella fase di realizzazione, ovvero porre a carico dell’acquirente gli interventi di risanamento ambientale e/o messa in sicurezza permanente mediante analisi di rischio, ma solo una volta che sia stato quantificato il relativo onere economico”.

Non è tutto. Per “ridurre le aree di rischio dei futuri acquirenti” sono poste alcune condizioni che devono realizzarsi prima della vendita. Tra queste vengono indicate

  • la vendita delle aree perimetrali (zona lungo via Azari e area a completamento del comparto commerciale Esselunga – Euronics) e il rilascio dei permessi di costruire e delle autorizzazioni commerciali necessarie alle attività
  • il completamento del piano di caratterizzazione, ed elaborazione di un piano di bonifica o messa in sicurezza permanente del sito, coerente con il progetto di trasformazione, approvato dagli enti competenti e corredato di previsioni attendibili di spesa“.

Tutto chiaro? No, perché la caratterizzazione dell’area non è terminata; perché i progetti di bonifica e risanamento ambientale devono ancora essere elaborati; perché non si capisce se alla fine i costi del completamento della caratterizzazione, della stesura dei progetti di bonifica e dell’esecuzione del risanamento ambientale siano a carico dei futuri acquirenti/investitori o di Acetati (con l’impiego dei soldi ricavati dalla vendita) o di entrambi o magari di altri, stante la formulazione piuttosto oscura di alcune delle condizioni e degli obblighi poco sopra richiamati.

Il progetto. Credo che nessuno si sia sorpreso per il fatto che la proposta della proprietà per il riutilizzo dell’area Rhodiaceta/Rhodiatoce/Montefibre/Acetati sia di contenuto sostanzialmente commerciale. E infatti così è nel master plan.

La parte su cui si appunta l’interesse immediato della proprietà è il segmento cosiddetto 1A, cioè un’area di circa 12.000 mq a ridosso di Esselunga/Euronics, per la quale si prevede una destinazione commerciale extralimentare  in piena continuità con le due grandi attività già esistenti, al punto che la relazione esplicitamente afferma che è già stata “verificata la disponibilità di qualche operatore all’acquisto delle porzioni perimetrali
dello stabilimento dove insediare attività commerciali e di servizio quale primo stralcio attuativo del futuro Piano Particolareggiato, fasi 1A, 1B e 2A“; il segmento 1B seguirebbe dunque a trascinamento, con la messa a disposizione dell’area verde oggi recintata su viale Azari e la destinazione dei volumi edificati esistenti a “ristorazione” e “uffici”.

La “fase 2” si articola in due segmenti. Il primo (2A), con una superficie di 14. 000 mq è  attiguo alle aree della fase 1A e ne segue il destino commerciale, mentre il segmento 2B appare come il nodo più problematico del master plan. L’utilizzo (sommariamente e confusamente) previsto spazia dal mercato coperto agli uffici pubblici, dall’infrastruttura stradale all’incubatore di start-up, dagli stabili commerciali alla ristorazione, dall’area di sosta al parco urbano, dal bar allo spazio di fruizione pedonale, al negozio specializzato. Se si considera poi che – come si legge nella relazione – “l’intervento che costituisce la seconda fase determina le maggiori disponibilità economiche per la realizzazione delle infrastrutture pubbliche (riqualificazione viaria, edifici pubblici, ecc.) e per il completamento degli interventi di risanamento ambientale e/o messa in sicurezza delle porzioni di stabilimento che la caratterizzazione ha evidenziato“, non è difficile cogliere che è questo lo snodo più delicato e contrastato dell’intero progetto.

La “fase 3” viene sintetizzata in una decina di righe di testo, pur interessando un terzo della superficie del compendio Acetati (50.000 mq). Si tratta dell’area verde sostanzialmente inedificata situata a nord e compresa tra via Olanda, il depuratore, la pista d’atletica e il “cubo”, per la quale si ipotizza la destinazione “parco urbano” pubblico con un’eventuale edificazione di 5.000 mq superficie coperta per “servizi” (ristorazione, bar, spogliatoi, toilette, edicola, ecc).

A completamento dell’intervento di riqualificazione il master plan prevede la realizzazione di infrastrutture pubbliche come l’arretramento stradale e la rotatoria all’altezza della chiesa di Madonna di Campagna e della portineria, una nuova strada tra viale Azari  e via Olanda e un percorso ciclabile di perimetro.

Il merito e il metodo. Termina qui la sintetica analisi del master plan Acetati, un testo che certo non brilla per chiarezza dell’esposizione e organicità dell’argomentazione. Considerata nel merito, la proposta Acetati presenta elementi di un certo interesse nelle parti in cui prevede la cessione al pubblico di ampi spazi di verde urbano (la grande area tra via Olanda, il depuratore e il campo di atletica e quella su viale Azari) e il miglioramento della zona a ridosso della chiesa di Madonna di Campagna, magari con lo spostamento dell’ingresso di Plastipak più a nord. Resta invece pericolosamente vaga e indeterminata la previsione di bonifica ambientale a causa del grave ritardo delle procedure di caratterizzazione, di analisi del rischio e di progettazione degli interventi di risanamento e dell’incertezza sui tempi, sugli attori e sui costi delle inevitabili e rilevanti opere di bonifica. Appare poi ancora confusa e approssimativa la previsione di utilizzo di alcune parti strategiche del compendio interessato dalla trasformazione urbana, ed in particolare la realizzazione della cosiddetta “fase 2B”, con il rischio di vedere avviati rapidamente gli interventi più “facili” e remunerativi (fasi 1A e 2A) e rinviati a tempi indeterminati quelli più complessi (fase 2B) e/o quelli di prevalente o esclusivo interesse pubblico (fase 1B e fase 3)

Né possono essere trascurate due questioni più generali che inevitabilmente la rigenerazione dell’area Acetati porta con sé. La prima riguarda la presenza commerciale in città, che risulterebbe profondamente modificata dall’immissione sul mercato immobiliare di decine di migliaia di mq di nuova superficie di vendita e di pubblici esercizi. Quali effetti potrebbe avere questa nuova realtà sul piccolo commercio di frazione o sul commercio dei centri storici di Intra e Pallanza? La seconda questione è invece di natura urbanistica e si sostanzia nella presenza, intorno all’eventuale nuovo polo commerciale-direzionale dell’ex Acetati, di realtà produttive e tecnologiche complesse e impattanti come l’area del depuratore cittadino, la sede e i depositi di ConSer Vco e Vco Trasporti, l’attività di stoccaggio e trattamento di rifiuti di Betteo e il comparto industriale di Plastipak. Con quali strumenti e a quale livello realizzare un’accettabile integrazione tra aree contigue ma con destinazioni radicalmente diverse?

Se tutto quanto sinora detto ha qualche fondamento, diventa fondamentale la questione del metodo. La rigenerazione Acetati richiede non solo di essere analizzata con attenzione e ponderazione dalla Giunta e dagli organismi tecnici del Comune, ma di essere sottoposta ad una valutazione più ampia, che coinvolga in un arco di tempo congruo le forze politiche, gli organi dell’Amministrazione (il Consiglio Comunale e le sue Commissioni, i gruppi consiliari), le associazioni di categoria, le realtà di partecipazione diffusa.

Accelerazioni ingiustificate o fughe in avanti non gioverebbero alla causa.

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