SOPRINTENDENZA PER L’EDEN: PRESCRIZIONI IMPEGNATIVE MA IRRINUNCIABILI

Il nuovo complesso deve, in altre parole, essere sostanzialmente “assorbito” nell’ambiente consolidato, in modo tale che la percezione visiva del paesaggio dai monti, dal lago e dalle strade non solo non risulti alterata dal nuovo manufatto, ma addirittura arricchita e valorizzata. Se non sarà progettualmente possibile conseguire questo risultato, meglio non fare nulla.

Il percorso di consultazione sullo Strumento Urbanistico Esecutivo (SUE) dell’ex albergo Eden s’è arricchito del parere espresso dalla Soprintendenza dei Beni Culturali del Piemonte. Ed è un parere complesso, delicato e impegnativo, che muove dalla considerazione che il paesaggio dell’area della Castagnola è caratterizzato dalla pausa verde fra i nuclei insediati..e richiede una particolare attenzione al mantenimento della percezione visiva”; inoltre, “è auspicabile un intervento di restauro e risanamento finalizzato alla conservazione dei valori espressi dai beni protetti…”, mentre “su nutrono perplessità sulla rilevante incidenza di cubatura edificabile prevista che, anche se fosse rigorosamente celata e rispettosa della vegetazione esistente, comporta un’inevitabile trasformazione dell’equilibrio ambientale e paesaggistico dell’area”.

Muovendo da queste considerazioni, la Soprintendenza “condivide la proposta di una riproposizione della volumetria dell’albergo esistente con un ricorso ad un ampliamento dei servizi annessi strategicamente dispersi e mimetizzati nelle modulazioni del terreno”, pur riservandosi di valutare “le proposte di maggior dettaglio architettonico”. Tassativa è invece la richiesta di un progetto di restauro filologico del parco storico con la piena salvaguardia delle alberature di pregio (l’abbattimento solo di essenze morte o in situazione critica e di essenze infestanti), così come un’”approfondita analisi critica delle fasi di trasformazione del parco”, la valutazione “delle interazioni…sull’assetto morfologico e sul sistema del verde a seguito della realizzazione di elevate quantità di superfici impermeabili”, la maggiore mitigazione dell’inserimento, la puntuale rilevazione della permanenza di elementi e manufatti architettonici.

Fin qui la sintesi dei rilevi sollevati dalla Soprintendenza. Che più semplicemente significano: il grande parco, vero e proprio “polmone verde” di grande pregio ambientale e paesaggistico, deve essere restaurato e preservato; l’elevata cubatura prevista è di per sé un problema; la massiccia edificazione ipotizzata reclama più mitigazione, curatissimo inserimento, studio delle conseguenze morfologiche di una massiccia impermeabilizzazione dei suoli. Ancora più concretamente, mi sentirei di dire che l’edificio superstite e cadente va recuperato (non dico fisicamente, ma dal punto di vista filologico, architettonico e delle dimensioni complessive), evitando dunque stravolgimenti architettonici e incrementi dimensionali; i restanti volumi devono essere “annegati” in un parco totalmente preservato nei suoi caratteri botanico-ambientali e vegetazionali; i manufatti preesistenti (percorsi interni veicolari e pedonali, edificazioni minori) non devono essere cancellati.

L’obiettivo finale di questa operazione deve consistere nella coesistenza armoniosa della nuova destinazione alberghiero-ricettiva con i caratteri paesaggistici e ambientali ormai sedimentati. Il nuovo complesso deve, in altre parole, essere sostanzialmente “assorbito” nell’ambiente consolidato, in modo tale che la percezione visiva del paesaggio dai monti, dal lago e dalle strade non solo non risulti alterata dal nuovo manufatto, ma addirittura arricchita e valorizzata. Se non sarà progettualmente possibile conseguire questo risultato, meglio non fare nulla.

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