Saluto al Presidente Carlo Azeglio Ciampi – Una città nata quattro volte

4 ottobre 2005

Signor Presidente, è con profonda emozione e intima soddisfazione che Le rivolgo – qui, in questo luogo per noi così importante e così universalmente riconosciuto come fondativo della nostra identità comunitaria e civile – il saluto della città di Verbania. In questo biennio, nel corso del quale abbiamo fatto memoria del sessantesimo anniversario della Resistenza e della Liberazione, abbiamo intensamente sperato – ma anche attivamente operato! – perché la celebrazione anniversaria potesse compiersi nel modo più alto, solenne e autorevole con la presenza tra noi del Presidente della Repubblica, che del valori, delle idealità e dell’integrità dell’Italia democratica e della sua Costituzione è il supremo garante e custode. Quello che un anno fa osavamo soltanto sperare, oggi si compie.

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La città L’accoglie in questa Casa, voluta da amministratori lungimiranti e appassionati che furono in questi luoghi protagonisti della Resistenza. Fuori di qui, sulla riva del canale il 20 giugno del ’44 furono fucilati 43 partigiani catturati durante il rastrellamento nazifascista in Valgrande. Uno di loro, Carlo Suzzi, un ragazzo di 18 anni, pur ferito riuscì, fingendosi morto, a salvarsi. Egli ancora vive e la sua voce, che ogni anno non manca di confortarci e spronarci nella ricorrenza del 20 giugno, resta la più vivida ed eloquente testimonianza della superiorità morale, ideale e civile di quei giovani patrioti, il cui fisico annientamento – nel momento stesso in cui si compiva – veniva radicalmente riscattato dall’insperata, vittoriosa sopravvivenza  di colui che da allora chiamiamo “il Quarantatrè”. Questa Casa della Resistenza e l’Associazione omonima che con amorosa dedizione ne cura l’esistenza nascono da un’esigenza ad un tempo semplice e forte. Il tempo infatti affievolisce la memoria diretta dei protagonisti e dei testimoni di quegli eventi. Per questo abbiamo bisogno di riannodare la nostra memoria ai luoghi, ai volti, ai nomi, alle storie di quanti hanno sacrificato la vita per noi. Dobbiamo cioè avere ben chiaro quando, dove, come e perché ragazzi spesso non ancora ventenni hanno maturato la scelta di opporsi a un potere invasivo e minaccioso che li costringeva a una militanza avvertita come ripugnante. Abbiamo bisogno della concretezza dei loro volti e della familiarità dei loro nomi, che le lapidi, le fotografie sbiadite e gli oggetti posseduti ci rimandano ancora oggi. Abbiamo bisogno di tornare su quei luoghi per noi così ordinari e consueti, come il canale di Fondotoce, dove la morte ha incontrato partigiani e civili. E in questo luogo Verbania riconosce, tramanda e rinnova i valori di democrazia, di libertà, di solidarietà, di giustizia, di accoglienza che fondano la nostra dimensione civile e comunitaria e hanno guidato la nostra storia nella seconda metà del ‘900.

Oggi L’accoglie, signor Presidente, una città che nell’arco di tempo relativamente breve di un’esistenza ha mutato e ridefinito almeno quattro volte il suo profilo e la sua identità. Una città che, in poco meno di ottant’anni, è – per così dire – nata quattro volte. Alla fine degli anni Venti il profilo storicamente consolidato e riccamente variegato dei nostri borghi originari (la precocissima industrializzazione tessile, le prime manifatture, le officine meccaniche, lo sfruttamento idroelettrico, i commerci favoriti dalla via d’acqua del lago Maggiore, il turismo prestigioso e aristocratico tra Ottocento e Novecento, l’istruzione tecnica e professionale, il credito bancario a servizio del territorio) ha conosciuto l’avvio del massiccio insediamento della grande industria chimica, che per oltre cinquant’anni ha caratterizzato e condizionato lo sviluppo socio-economico e demografico della città, facendo di essa a tutti gli effetti una grande, complessa, articolata e talvolta difficile realtà operaia.

Poste alla fine degli anni Venti le condizioni per l’imponente crescita del tessuto macroindustriale, nel ’39 per volontà del regime si è proceduto alla fusione dei Comuni di Pallanza e di Intra nella nuova realtà amministrativa di Verbania. Si concludeva così un processo di accorpamento che nei decenni precedenti aveva visto la progressiva soppressione dell’autonomia amministrativa delle numerose comunità originarie oggi riunite nel Comune, come è visibilmente testimoniato dalle peculiarità e dalle caratteristiche urbanistiche, insediative e morfologiche del nostro territorio. L’accelerato sviluppo della grande industria chimica e le prospettive innescate dall’unificazione amministrativa hanno generato un naturale fenomeno di espansione demografica che ha nell’arco di un trentennio (1940-1970) raddoppiato la popolazione del Comune attraverso un imponente processo di migrazione remota (dal Veneto e dall’Italia meridionale) e di prossimità (dalle valli dell’entroterra). Ma l’industria chimica, grande e anonima, pur apportatrice di lavoro e di reddito, non ha saputo occuparsi della città né integrarsi compiutamente in essa, in ciò collocandosi agli antipodi rispetto all’esperienza e al lascito degli imprenditori locali della prima industrializzazione. Ciò nonostante, le tradizioni di socialità, di senso civico e di solidarietà non hanno abbandonato la nostra città, pur assumendo un andamento per così dire “carsico”. Anche nel “quarantennio industriale” Verbania ha saputo reinterpretare – operando scelte talvolta lungimiranti (ad esempio, il potenziamento della rete dei servizi educativi, formativi, assistenziali, sociali), talvolta discutibili (ad esempio, l’urbanistica residenziale nei centri storici e l’edilizia popolare in aree di nuova edificazione) – la sua storia civile e solidale: oggi la città offre servizi pubblici di elevata qualità, esprime un tessuto economico equilibrato e diversificato e persegue con coerenza politiche urbanistiche tese a riassorbire i guasti della tumultuosa crescita demografica degli anni ’50 e ’60. Ed è in particolare attraverso 40 anni di politica che la città ha espresso una profonda vocazione all’integrazione, accogliendo umanamente, riscattando socialmente e promovendo civilmente migliaia e migliaia di lavoratori e di loro familiari, che tra il ’40 e il ’70 hanno dato a Verbania la dimensione geografica e il profilo socio-culturale che ancora oggi la caratterizza

Rinata prima come città macroindustriale e poi come nuova, importante realtà amministrativa, Verbania ha radicalmente rinnovato il proprio profilo ideale, sociale e culturale con la lotta partigiana e la guerra di liberazione. Le considerazioni e gli accenni con cui ho inteso aprire questo intervento ne hanno dato – pur succintamente – conto. Il sacrario cui abbiamo reso omaggio ce lo ricorda, con la muta e sobria eloquenza dei nomi incisi su tutta l’estensione dell’alto muro che sorge ai piedi della croce: qui si onorano i 1.200 partigiani caduti nelle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola. Questo luogo richiama incessantemente la nascita della Verbania democratica. Ed è con riconoscente commozione che rivolgo a Lei, signor Presidente, a nome di tutti i miei concittadini, il ringraziamento per il conferimento alla città di Verbania della medaglia d’oro al Merito Civile per gli atti di coraggio, abnegazione ed eroismo compiuti dalla popolazione tra l’ottobre del 1943 e l’aprile del ’45. Con l’analogo riconoscimento attribuito alla città di Omegna e unitamente alle medaglie d’oro e d’argento al Valor Militare che onorano rispettivamente i gonfaloni dei Comuni di Domodossola e di Valstrona, si compie oggi, nel sessantesimo anniversario della Liberazione, il pieno riconoscimento del tributo di sangue e di sofferenze pagato da queste comunità alla tirannìa nazifascista.

Da ultimo, nel 1992 questa città ha assunto – con l’istituzione della provincia del Verbano-Cusio-Ossola – il delicato, impegnativo e per certi versi difficile ruolo di capoluogo, ponendo a servizio della nuova entità amministrativa lo straordinario patrimonio di socialità, di prosperità e di esperienza maturato nell’arco di molti decenni e rinnovando la propria vocazione a promuovere i processi di integrazione socio-economica, di valorizzazione culturale e di coesione territoriale indispensabili per realizzare gradualmente gli ambiziosi obiettivi che hanno motivato la costituzione della provincia del Verbano-Cusio-Ossola e che a distanza di un decennio risultano ancora soltanto parzialmente conseguiti. L’avvento della nuova provincia ha inoltre contribuito al superamento della gravissima crisi dell’intero sistema industriale cittadino, che tra la seconda metà degli anni ’70 e la fine degli anni ’80 ha causato la perdita di migliaia e migliaia di posti di lavoro, ha innescato forti tensioni sociali, ha generato un reale impoverimento economico delle famiglie ed ha intaccato in profondità l’identità stessa della nostra comunità, faticosamente plasmatasi nell’arco di oltre mezzo secolo. A questa imponente crisi strutturale del proprio sistema produttivo Verbania ha risposto investendo sulla differenziazione delle attività economiche e sulla valorizzazione delle risorse naturali e ambientali: è stato così possibile ricostruire rapidamente un sistema socio-economico equilibrato, fatto di servizi pubblici e privati, di terziario, di industria, di artigianato, di commercio, di turismo.

In poco più di settant’anni Verbania è nata come città industriale e operaia, come nuovo Comune, come comunità democratica, come capoluogo di Provincia. Ha misurato compiutamente la complessità, la fatica ma anche l’intima soddisfazione che derivano dall’affrontare un così impegnativo e incalzante percorso di ridefinizione della propria identità comunitaria e civile. La nostra città è convinta di avere corrisposto adeguatamente a questa sfida. E se i tumultuosi, profondi e accelerati cambiamenti che investono in questi tempi il nostro Paese ci imporranno – e le avvisaglie di questa condizione già s’intravedono – di ripensare, aggiornare , adeguare e modificare ancora una volta l’assetto del nostro sistema socio-economico e produttivo e il profilo stesso della nostra comunità cittadina, sappiamo di poter attingere ad una preziosa eredità di esperienza e di passione civile che oggi abbiamo la certezza di condividere – grazie alla Sua presenza tra noi, Signor Presidente – con tutti gli Italiani.

Claudio Zanotti, sindaco di Verbania

Casa della Resistenza, Verbania-Fondotoce

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