VERBANIA AL BIVIO TRA DECADENZA E NUOVA RESPONSABILITA’

Una città rassegnata e ripiegata vive una della fasi più difficili e complesse della sua storia, dopo avere abdicato alla sua vocazione e alla sua responsabilità di capoluogo di provincia. Questo è il nodo che attende candidati-sindaci, partiti e coalizioni in previsione delle elezioni del 2014.

Il ciclo di conferenze organizzato dal Centro Natale Menotti ha proposto qualche settimana fa l’incontro con Walter Passerini, verbanese, giornalista di lunga e prestigiosa militanza professionale nei settori del lavoro e della previdenza. Al centro della riflessione, il mercato del lavoro e le vocazioni territoriali del Vco, con uno sguardo particolare alle  prospettive della città. Dal quadro delineato dalla relazione di Passerini e arricchito dagli interventi dei partecipanti è emersa una situazione lucidamente problematica: la crisi (da noi iniziata addirittura in anticipo, con il dramma della Tubor) dal 2008 ad oggi ha sostanzialmente spappolato il tessuto produttivo e manifatturiero non solo nella sua dimensione occupazionale (cassa integrazione endemica), ma anche nella sua riconoscibilità “vocazionale” (il chimico, il cartario e il metalmeccanico nel Verbano, il casalingo nel Cusio, il siderurgico-metalmeccanico nell’Ossola…) e nel suo profilo culturale (dispersione del cosiddetto “spirito d’impresa”).

In città sopravvivono alcune sporadiche presenze industriali (BVM, Plastipak, Barry Callebaut, Gebi…), mentre la ricchezza dei Verbanesi viene assicurata in misura crescente da risorse pubbliche trasferite (14.000 pensioni erogate, migliaia di dipendenti pubblici dell’Asl, delle scuole, degli uffici statali periferici, degli enti locali), da cui dipende una parte non irrilevante dei redditi dei prestatori di servizi privati (commercio, artigianato di servizio, edilizia, professioni, ristorazione e turismo) e di servizi pubblici locali (società dell’acqua, dei rifiuti, della distribuzione del gas, dei trasporti pubblici..). A fronte di una ormai certa, progressiva riduzione del “rubinetto pubblico” causata dalla crisi generale e dai tagli alla spesa, il processo involutivo della città sembra segnato. E non aiutano certo a invertire questa la tendenza i “fondamentali” socio-demografici, che descrivono una città sempre più “vecchia” (abbiamo la percentuale di over 65 più alta del Piemonte) e una popolazione giovanile che, dopo la formazione e la laurea, per sperare di lavorare deve necessariamente andarsene altrove.

Se in altri tempi Verbania e il Vco hanno saputo reagire con successo a situazioni di crisi molto gravi  (leggi qui, qui, e qui), oggi il quadro appare davvero bloccato. Il cambio di guida politica in Regione, Provincia e Comune tra il 2009 e il 2010 ha vanificato il lavoro svolto negli anni precedenti dalle Amministrazioni di Centrosinistra (il Pti, la Pianificazione strategica, il Progetto Integrato Sviluppo Locale), azzerando nella consapevolezza degli attori del territorio (amministratori locali, categorie produttive, Camera di Commercio, imprenditori, sindacati…) gli obiettivi, i contenuti e i percorsi di una crescita dell’intera area provinciale. Oggi, nel pieno della crisi, i soggetti istituzionali e associativi si muovono al di fuori di una prospettiva comune e di una pianificazione condivisa di respiro sovrazonale. Colossale in questa deriva è la responsabilità politica del Comune di Verbania, che nell’ultimo triennio ha totalmente abdicato al ruolo di stimolo, proposizione e sintesi proprio di un capoluogo di provincia, contribuendo in maniera determinante al rinascere di spinte centrifughe all’interno del Vco (sulla sanità, sul socio-assistenziale, sull’energia, sul ciclo idrico..) e rinunciando persino ad essere il naturale punto di riferimento della costellazione di piccoli Comuni del Verbano.

Dentro la cinta daziaria, il Comune ha assistito in maniera completamente inerte alla chiusura di Acetati, all’avvitamento della crisi di Co-Ver, al blocco del progetto turistico-ricettivo dell’ex Colonia Motta e allo stallo infinito del nuovo ospedale dell’Auxologico. E’ fermo il piano commerciale ed è stata uccisa la prospettiva di grande centro commerciale naturale che sarebbe nata intorno al polo culturale del nuovo teatro di piazza F.lli Bandiera e del polo della sanità del nuovo ospedale riabilitativo di via De Bonis. Ogni speranza di rilancio cittadino è affidata all’opera-totem del centro-eventi che, se si farà, ne rappresenterà invece la pietra tombale.

Chi – candidato sindaco, partito o coalizione politica – vorrà, tra due anni, occuparsi seriamente del futuro di Verbania, non potrà eludere questi problemi e questi interrogativi.

 

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