IPOTESI E PROPOSTE PER IL MAGGIORE (segreteria PD Verbania)

Il CEM/Maggiore (la sua gestione, la sua collocazione, le sue deficienze progettuali) costituisce un nodo colossale per il futuro di Verbania. Muovendo da questa consapevolezza, la Segreteria del Circolo PD di Verbania ha elaborato un primo documento nel quale trovano spazio le numerose problematiche che l’avvio delle attività della struttura solleva in maniera tanto inevitabile quanto naturale. Un contributo scritto a più mani, che da un lato mostra l’estrema complessità delle questioni in campo e dall’altro rivela la ricchezza di risorse, di intelligenza e di passione che solo una grande realtà politica come è appunto il Partito Democratico verbanese può compiutamente esprimere, grazie alla sintesi tra l’esperienza sedimentata in decenni di buona amministrazione e la novità rappresentata dalla leva di amministratori eletti nel 2014. 

Durante le ultime settimane l’attenzione della città e il dibattito politico si sono concentrati inevitabilmente   sulle complesse dinamiche relative all’avvio dell’attività del nuovo teatro, Il Maggiore.

 I rischi politici e tecnici che questa operazione comporta e che impegneranno la comunità verbanese in diverse fasi sono stati spesso richiamati dal Partito Democratico; persistono infatti ostacoli oggettivi di carattere strutturale e di sostenibilità economica che derivano, occorre ribadirlo, da una grave sottovalutazione del rapporto costi/benefici previsti nel piano di gestione approvato nel 2011 dal Consiglio Comunale a maggioranza destro-leghista. Un piano di gestione inevitabilmente abbandonato, di cui è già stata dimostrata la totale inadeguatezza. Ci troviamo quindi di fronte a un’imponente struttura multifunzionale, che   taluni possono apprezzare per le forme ed il valore architettonico, altri meno, ma che di fatto costringerà l’Amministrazione comunale e quelle a venire a fare i conti con un difficile e paziente    lavoro di definizione di obiettivi e di strategie che solo in tempi lunghi potranno consentire il pieno consolidamento economico e funzionale della struttura.

Un percorso tutt’altro che scontato e che in parte dipenderà dalla capacità degli attori politici di saper cogliere e interpretare gli interessi generali della comunità.

Il Teatro Maggiore, con la sua fisicità e i suoi spazi, è destinato pertanto a condizionare la vita della polis e inevitabilmente delle realtà culturali e degli interessi che vi sono connessi. L’idea centrale e l’indirizzo politico che lo hanno ispirato sono stati condizionati da una forte conflittualità politica e sono figli del ciclo amministrativo che si è aperto nel 2009. A partire da quell’anno è stata stravolta la profonda lettura delle esigenze e delle ambizioni della società verbanese che nel primo progetto presentato dal centro sinistra, il teatro civico di   Piazza Fratelli Bandiera, avrebbe potuto ritrovare un luogo destinato a soddisfare le esigenze culturali della città.

Un problema non irrilevante se pensiamo che scelte  così importanti come la costruzione di un teatro, una struttura che ambisce ad essere un luogo di riferimento per i cittadini, non possono che essere considerate attraverso un processo decisionale evolutivo e a stratificazione, ovvero  perseguendo la  realizzazione di  un disegno di città che non rappresenta un’ idea relativa a un solo schieramento politico, ma che si sviluppa nel tempo cogliendo a fondo il reale interesse per il bene comune .

L’integrazione nel “sistema città”.

Che il Teatro Maggiore oggi sia una risorsa è più una speranza che una certezza. Occorre quindi da subito:

  • integrare la struttura all’interno del sistema città assicurando procedure tecniche e amministrative  coerenti con un disegno urbanistico chiaro e strategico, considerando anche il potenziale cambiamento che può comportare questa infrastruttura nelle abitudini e gli usi dei cittadini;
  • garantire l’accesso e l’uso pubblico dei nuovi spazi , che ora devono essere percepiti  come vitali e aperti attraverso un’immediata azione di verifica della sicurezza dell’area e l’organizzazione di uno specifico intervento manutentivo del verde che deve poter essere protratto nel tempo;
  • stabilire un presidio fisso, e le condizioni affinché sia possibile una fruizione continuativa e  quindi una maggiore preservazione esterna della struttura: l’apertura del locale a piano terra adibito a bar potrebbe essere una prima risposta a questa esigenza e rafforzerebbe il servizio ridotto che oggi il bar può fornire. Tuttavia i bandi di gara andati a vuoto per la gestione di questo locale dimostrano tutte le debolezze strutturali connesse al Teatro.  Debolezze che possono essere superate solo ricostruendo pazientemente un’identità specifica e riconosciuta del luogo, in grado di attirare l’attenzione dei cittadini verbanesi e dei visitatori, quindi creando le condizioni affinché l’interesse privato si possa manifestare aldilà dei limiti strutturali degli spazi.

A nostro avviso, ciò può avvenire riconoscendo il lago, elemento predominante del nostro paesaggio, come luogo di vita e di espressione culturale, da salvaguardare in quanto testimonianza ed eredità della comunità, che acquisisce una valenza di spazio da godere per attività ricreative, dove passeggiare e sviluppare socialità. La sfida è come, partendo dal lungolago, si possa valorizzare e rivitalizzare tutto il territorio dal punto di vista culturale, storico, ambientale e rafforzare così l’identità dei luoghi e il coinvolgimento e la sensibilizzazione delle comunità; valorizzazione che contribuirà anche ad un ritorno economico per la città.

Il Maggiore, affacciato sulle rive del lago, quindi, non può essere considerato solo per sé stesso, ma va necessariamente ricollegato a tale percorso che comprende anche villa Maioni, villa Taranto, villa San Remigio, villa Giulia, il Porto Turistico e il Museo del Paesaggio. In tal modo il lungolago si configura come “contenitore” che accoglie e collega piazze, monumenti e chiese, edifici pubblici e privati, ma anche attività sportive; diventa un parco urbano, nuovo centro della vita collettiva, capace di diffondere vitalità e creatività, di far risaltare eccellenze che oggi restano invisibili.

Dal lungolago, inoltre, si diparte una rete di percorsi, da riqualificare e potenziare, che si estendono fino ai limiti dell’abitato e si diffondono all’interno del tessuto mettendo in relazione il lago con i centri storici, le colline, i monti.

Tutto ciò non era stato previsto con le necessarie chiarezza e lungimiranza da chi ha voluto la struttura nelle modalità secondo cui è stata realizzata, mentre veniva a sbandierata con troppa facilità un’idea di centro multifunzionale che avrebbe dovuto mantenersi e integrarsi nella città quasi spontaneamente. Ed ora, ciò che pareva scontato richiederà innanzi tutto la capacità degli amministratori di creare una sinergia tra le diverse realtà che costituiscono tale complesso e l’individuazione di risorse finanziarie che ne permettano concretamente la realizzazione. Alcuni assi strategici relativi ai Fondi Europei per lo Sviluppo Regionale (Fesr) potrebbero essere una di queste opportunità, a patto però che la politica locale riesca ad individuare un percorso condiviso in grado di evolversi nel tempo.

Che fare ancora?

Nella scheda  progettuale dell’Arch. Arroyo del 2007, ci sono alcuni rendering che evidenziano con efficacia il pensiero del progettista per la realizzazione di un “teatro cittadino”: si vede l’edificio e l’entrata a scalinata sulla piazza, con la Camera del Lavoro ancora conservata, il mercato  attivo e la folla cittadina che si dirige al teatro o ne esce,  o semplicemente attraversa la piazza,  in una dimensione che l’architetto stesso definiva come “componente essenziale della città stessa” o “un luogo aperto alle più svariate dimensioni della partecipazione” a partire dalla concezione che  “L’idea di teatro e la fruizione teatrale andrebbero poste in relazione con la cultura presente nelle città”.

Con il nuovo teatro sulla sponda del lago, l’Arch. Arroyo enfatizza invece altri aspetti.

Nella sua visita del 2016 definisce la nuova struttura come “un contenitore funzionale pensato come una scultura. Un’opera d’arte moderna e avveniristica che sarà ricordata da chi visita la città o arriva per assistere a qualche evento. Un posto bello non si dimentica e per Verbania sarà un biglietto da visita”. Il nuovo progetto nasce anche da una selezione di bozzetti che l’architetto ha realizzato sul tema di acque e pietre secondo il concetto di “abitare la natura”.

Con la nuova opera sulla riva del lago, più ancora che con il progetto precedente, Arroyo entra a pieno titolo nell’architettura contemporanea in cui le costruzioni presentano spesso forma organica, a volte amebiformi, con curve e superfici strane, come il Guggenheim Museum di Bilbao di Frank Gehry o l’Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano, pensate appunto come sculture prima ancora che come forme razionali riconoscibili per la loro funzione.

In questo nuovo contesto, peraltro ricco di elementi preesistenti costruiti e naturali, come la Villa Maioni con lo splendido parco, la presenza del torrente e del lago, l’imponente costruzione affascina e, al contempo, raccoglie pareri inevitabilmente diversi e contrastanti, in relazione anche a criteri personali non sempre  facilmente riconducibili a posizioni condivise, ma che consentono, nel loro complesso, di raccogliere idee e fornire indicazioni per la messa a punto delle attività connesse con il nuovo edificio.

Le osservazioni sugli spazi e sul loro previsto utilizzo sono di varie tipologie:

  • Osservazioni riguardanti la funzionalità degli spazi interni inevitabilmente condizionati dalle forme scultoree esterne (pareti curve, spazi non sempre perfettamente utilizzabili, percorsi vagamente incongrui, difficoltà organizzative di funzioni accessorie), non facilmente modificabili ma da affrontarsi attraverso l’uso e l’esperienza. Si citano ad esempio lo spazio bar interno condizionato dalla presenza di una scala di accesso, il lungo corridoio dai camerini al palco, ecc. Ancora da conoscere i costi di climatizzazione dell’edificio, i servizi di guardiania, la gestione tecnica degli spazi.
  • Osservazioni riguardanti le potenzialità di uso degli spazi esterni pertinenziali e funzionali all’attività teatrale, per gli spettacoli all’aperto, ancora da definirsi completamente per la necessità di distribuzione degli spettatori su spazi individuati con criteri estetici non sempre mirati all’efficienza, la disponibilità e funzionalità del palco e delle relative attrezzature, la necessaria separazione dalle aree circostanti, sia durante gli spettacoli che nei momenti non attivi ai fini della sicurezza; in questo contesto può rientrare anche l’utilizzo del vasto spazio seminterrato e semiaperto.
  • Osservazioni riguardanti le connessioni con gli spazi adiacenti da integrarsi e da rendere vissuti e fruibili come parte integrante della città, da giocarsi sulle potenzialità attuali (biblioteca, parco, spiaggia), ma con un’armonizzazione ancora da evidenziare attraverso un’adeguata progettazione dei percorsi e delle strutture, di non facile inserimento come servizi all’aperto, campi di beach volley e relativi spogliatoi; in questo contesto da studiare anche la compatibilità del previsto molo galleggiante di approdo con l’area di balneazione.

Le osservazioni sulle funzioni da assegnare alla nuova struttura sono decisamente più complesse in quanto riguardano un futuro di cui non esiste ancora esperienza sufficiente.

In linea di massima si possono cogliere due indirizzi fra loro contradditori:

  • L’ottimistico indirizzo originario che prevedeva la multifunzionalità della struttura, ivi compresa la congressualità e l’utilizzo per mostre itineranti.
  • Una più ragionevole attuale valutazione delle effettive potenzialità della struttura e dei relativi costi che tende a privilegiare l’attività teatrale e concertistica.

In questo confronto sembra stentare a trovare posto la necessaria integrazione con le realtà culturali cittadine che non devono essere soffocate dall’imponenza della nuova programmazione ma che devono invece fornire lo zoccolo duro già formato alla cultura teatrale attraverso le esperienze trentennali e quello da formare soprattutto attraverso il coinvolgimento delle scuole e dei giovani.

La tutela delle realtà culturali locali : un richiamo al primo progetto del centro sinistra.

Pur tra inevitabili difficoltà e qualche polemica, la programmazione inaugurale del Teatro Maggiore è avvenuta. È un passaggio importante, dato che l’inaugurazione è il momento in cui si mostrano le potenzialità ai portatori di interesse,  è il momento dell’entrata in un ipotetico  mercato, ed è l’immagine di qualità che si è scelto di esibire.

Sebbene il futuro del Maggiore sia essenzialmente legato alla capacità di chi dirigerà il processo nel riuscire a posizionare la struttura e le attività che vi sono connesse al centro di interessi nazionali ed internazionali, ci preme ricordare in questo paragrafo che esistono realtà culturali locali che hanno saputo costruire eccellenze potenzialmente utili a soddisfare l’esigenza di qualità e innovazione della struttura.

Il centro sinistra, con la giunta Zanotti, quando diede il via al progetto pensava sostanzialmente alla creazione di  un teatro cittadino di cui obiettivamente si sentiva la mancanza: la rassegna ‘Lampi sul loggione’ era da anni relegata a Sant’Anna, un luogo inadatto che imponeva fortissime limitazione al cartellone e costringeva a due repliche per poter ospitare, nella sua piccola a angusta sala, i circa 400 abbonati;  il Cineforum, con i suoi circa 600 abbonati, già in sofferenza nel teatro Sociale di Pallanza, ha dovuto traslocare nell’ancora più piccola e inadeguata sala dell’Auditorium del Chiostro, offrendo sempre tre proiezioni per ogni film; qualunque spettacolo di una certa complessità scenica non aveva casa.

Da qui la scelta della Giunta Zanotti di costruire il teatro, facendo di esso una cerniera di integrazione urbana tra Intra e Pallanza e riqualificando un quartiere oggettivamente degradato.  Ma era e restava un teatro da 500 posti. Non mette conto di ricordare nel dettaglio la scelleratezza delle scelte della giunta Zacchera, che si è inventata un centro multifunzionale, con una decisione supportata da un ridicolo piano di gestione costruito da consulenti improvvidi, da una visione dilettantesca del mercato del business congressuale, da cervellotiche ipotesi di spazi convertibili. Insomma un vero campionario di stupidaggini, costato un paio di milioni. Ma quello che poi ne è scaturito era e resta un teatro da 500 posti.

Il primo dovere di questo teatro è dare una casa alle associazioni che ne hanno bisogno: Lampi sul loggione, Verbania Musica, Cineforum in primis; poi solo in parte a Stresa Festival, LetterAltura, Atelier la Voce dell’arte e via enumerando.

Molti a Verbania pensano però a questo Maggiore come a un volano di promozione turistica, capace di ospitare eventi di portata internazionale e quindi di aumentare l’attrattività del territorio, con un’offerta di alto livello, capace di rendere più piacevole il soggiorno dei turisti che già soggiornano qui e di attirarne di nuovi proprio utilizzando l’offerta culturale come leva di marketing.

Su questo punto si è concentrato un dibattito animato e a volte animoso. In parte il dibattito viene purtroppo condotto da una opposizione tanto becera quanto inutile e improduttiva, lontana sideralmente dall’idea di comunità e di bene comune, alla ricerca parossistica della denuncia penale e della rissa.

Ma non è solo questo.  Sarà la dimensione dell’investimento, l’imponenza del manufatto, il timore di costi di gestione troppo alti, o semplicemente una comprensibile ambizione a spingere moltissimi a cercare di immaginare per il Maggiore una missione caratterizzata da aggettivi molto distanti dall’umile destino di teatro cittadino.

Non escludiamo che una prospettiva come questa possa essere costruita, ma vorremmo mettere in guardia da un approccio troppo frettoloso e superficiale.

  • Prima di tutto bisogna imparare a conoscere la macchina, i suoi pregi e i suoi difetti dal punto di vista della logistica, dell’accessibilità, dell’acustica, della manutenibilità, dell’efficienza delle strutture (come camerini, sale prova, uffici, ristorazione, ecc.) e delle infrastrutture di supporto (come impianti elettrici, idraulici, termici, di sorveglianza). Come per tutti gli organismi complessi il comportamento reale non sempre rispecchia le intenzioni del progettista, per quanto nobili. In questo senso il variegato programma predisposto dalla direttrice Rapetti costituisce un buon banco di prova inziale.

Una prima proposta operativa.

Nel frattempo bisogna avviare una analisi molto attenta di una possibile proposta di vasto respiro. I passi sono piuttosto canonici, ma vanno percorsi tutti.

  1. Definizione dei target
  2. Progettazione dell’offerta
  3. Piano di comunicazione

Il primo è il target: Verbania è (s)fortunatamente in grado di traguardare target molto differenziati:

  1. la popolazione residente nel bacino di riferimento;
  2. gli abitanti delle seconde case;
  3. i turisti di prossimità (residenti lungo gli assi A8, A26 e A4 e nei cantoni svizzeri confinanti);
  4. i turisti già presenti e che si aspettano l’animazione del territorio;
  5. i turisti nuovi che possono essere attratti da una leva di marketing rappresentata dalla programmazione del teatro.

E’ possibile soddisfare contemporaneamente i bisogni (espressi o inespressi) di tutti questi target contemporaneamente? Certamente no.

E’ possibile articolare una proposta che, in tempi diversi e con modalità organizzative tra loro compatibili, indirizzi tutti questi target? Forse, ma ci vuole un progetto. Non si può procedere per tentativi. Costa troppo.

Come abbiamo già detto, il primo target è certamente quello che ha priorità.  L’offerta indirizzata prevalentemente alla popolazione locale deve collocarsi temporalmente nei sei mesi che vanno da ottobre a marzo compresi. Con quali contenuti? Innanzitutto quelli corrispondenti a bisogni già ampiamente espressi: Cineforum, stagione teatrale e attività didattiche. In secondo luogo coordinando la programmazione con le strutture del territorio che devono essere viste come alleate e non competitive. Fabbrica di Villa, Teatro Sociale di Omegna e Teatro di Cannobio devono essere messe in rete con il Maggiore attraverso:

  1. un coordinamento dell’offerta, (magari con un certo livello di ‘specializzazione’, dipendente dalle caratteristiche della location), ma soprattutto evitando sovrapposizioni di date e di contenuto;
  2. una politica di bigliettazione che favorisca la circolarità. Ad esempio, l’istituzione di un abbonamento di rete (5-6-n spettacoli fruibili in tutte le location); le difficoltà gestionali ci sono, ma sono superabili con un sistema informativo efficiente;
  3. l’istituzione di un servizio di navette a pagamento;
  4. un piano di comunicazione che, mettendo insieme le risorse che già oggi vengono spese, possa essere più efficace e massivo delle azioni che ciascuno compie individualmente e possa attrarre pubblico che normalmente non si avvicina all’offerta culturale.

Cosa fare da Aprile a Settembre compresi?

Dobbiamo pensare prima di tutto ai turisti (seconde case, prossimità, già presenti). Si deve cominciare dall’analisi dei flussi turistici e dei processi di acquisto che portano turisti sul lago.

Gli attori da coinvolgere sono:

  1. agenzie di incoming,
  2. tour operator,
  3. Camera di Commercio,
  4. Distretto dei Laghi, ove si desse un assetto e un programma finalmente efficaci.

Il prerequisito per potersi rivolgere ai turisti è la programmazione sul lungo periodo. Oggi le agenzie di incoming stanno programmando la stagione 2017.

Alcuni segmenti di domanda sono completamente fuori target. Ad esempio, i pullman dei tre giorni di permanenza non sono intercettabili.

Sono invece intercettabili certi segmenti che sarebbero disposti a prolungare il loro soggiorno o alcuni legati a un turismo culturale organizzato, specie anglosassone.

Sulle famiglie e sui campeggi l’approccio è molto molto difficile, ma non si può escludere che si possa formulare un’offerta con l’aiuto degli operatori.

In tutti i casi le proposte devono essere prive di barriere linguistiche (musica e danza).

Molto più complesso è il terzo livello, cioè quello dell’offerta culturale del Maggiore come leva di marketing per attrarre altri turisti.

Anche per questo valgono le regole della buona progettazione. Abbiamo un forte appeal verso i turisti stranieri (siamo la destinazione Italiana con la più alta incidenza di stranieri).  La prima domanda da porsi è: “Vogliamo considerare acquisiti gli stranieri, attratti dalla meraviglia del nostro paesaggio e concentrarci sul migliorare la quota di italiani? Oppure vogliamo allargarci ad altri pubblici stranieri?”

Nel primo caso la lingua non è una barriera, nel secondo lo è. Nel primo caso possiamo pensare a letteratura o teatro. Nel secondo caso ci rimane la musica e la danza.  O, come dice qualcuno, la gastronomia.

Tutte strade da analizzare, con metodo e rigore. Bisogna analizzare i propri punti di forza e di debolezza, la competizione, le competenze, il tessuto sociale, la ricettività… progettare… progettare…

QQytualunque proposta che non si fondi su di un’analisi accurata del posizionamento finisce per peccare di dilettantismo ed essere dannosa. Rimane poi aperto il tema dell’utilizzo degli spazi per altre attività. Il Maggiore è un teatro, gli spazi sono organizzati abbastanza coerentemente intorno alla torre scenica.  Se si esclude l’utilizzo del piano terra (sarebbe un intervento molto pesante) non ci sono molti gradi di libertà.

Forse si possono ricavare spazi espositivi. Ma costa. Si può fare, ma bisogna realizzare un progetto e un business plan.

La Fondazione, sostenibilità e gestione.

Un percorso chiaro e trasparente è essenziale per dare vita alle attività connesse al manufatto.

Le consulenze attivate fino ad oggi hanno rilevato come strategica la creazione di una fondazione a seguito di una prima fase di start up completamente in house.

E’ un percorso che ha buone ragioni: la macchina comunale non ha al suo interno competenze specifiche che possano assolvere alla direzione tecnica, artistica e logistica dello spazio; le modalità di acquisto di beni e servizi costringono l’Ente comunale ad una programmazione estremamente raffinata poiché diversamente ostacoli burocratici genererebbero rallentamenti ingestibili; la connessione con le altre realtà artistiche nazionali e internazionali non sono possibili se non attraverso una fitta cooperazione con professionisti del settore che sappiano guidare il Teatro Maggiore come un azienda culturale .

La Fondazione ovvierebbe alle difficoltà sopra esposte e inoltre garantirebbe l’accesso a risorse importanti di pubblico e privato fortemente orientati a risultati ottimali. La creazione di questo organismo deve riguardare la collaborazione con soggetti portatori di interessi che non rispondano ai soli equilibri politici locali ma deve poter contribuire al consolidamento economico della struttura.

Esiste un rischio che crediamo la politica debba giustamente sottolineare, legato alla copertura finanziaria dei costi di gestione e di manutenzione della struttura che potrebbe nei prossimi anni gravare sulle economie del Comune. Tale rischio va scongiurato con la definizione di un percorso chiaro e con interlocutori tecnici e politici definiti e autonomi che riescano nel breve termine a dare forma a un progetto sostenibile che preveda un orientamento strategico, un business plan dettagliato, con un budget più rilevante, con una pianificazione almeno triennale sul futuro sistema di rete, sulla crescita di valore economico e qualitativo, sul target cui rivolgersi, sul sistema di comunicazione e marketing.

Lo abbiamo visto in fase di redazione e votazione del bilancio. Tale operazione prevedeva il seguente passaggio: definizione di alcune risorse per la fase iniziale di start up e, una volta definito con precisione il buon avanzo di amministrazione utilizzabile (previsto dagli uffici già intorno ai 2 milioni di euro) finanziare una serie di spese non ripetibili che avrebbero condotto la gestione del comune alla fondazione.

Questo passaggio non è stato opportunamente esplicitato in fase di redazione del bilancio e oggi appare ancora poco chiaro. Occorre maggiore lungimiranza nell’uso degli strumenti, anche quando si tratta di gestire una situazione complessa e poco prevedibile come il Teatro Maggiore.

Il Partito Democratico appoggerà l’importante variazione di bilancio che prevederà l’uso significativo dell’avanzo allo scopo di rafforzare il passaggio alla fondazione, ma non può prescindere da un dato essenziale: la Fondazione è un obiettivo irrinunciabile a questo punto e i tempi di realizzazione devono essere entro e non oltre l’autunno.

 

Inoltre la creazione della Fondazione deve avvenire con il contributo importante della Regione e con la individuazione di risorse e competenze private di indubbio valore.

Un risultato di questo genere potrà dare lustro alla Città e forza all’Amministrazione che sarà nuovamente posta di fronte a mille sfide relative al Teatro Maggiore e non potrà non sbagliare (è inimmaginabile pensare di trovare una quadra della gestione del Tetro Maggiore senza errori fisiologici anche rilevanti) ma avrà definito con la dovuta attenzione il percorso nel quale inserire le future politiche artistiche del manufatto.

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