MARCO PARACHINI, IL TEMPO DELLA POLITICA E QUELLO DELL’AMICIZIA di Claudio ZANOTTI

Un’amicizia indissolubile si costituisce quando due persone salgono insieme un gradino della vita destinato a segnarne per sempre le esistenze. Poi gli anni scorrono, gli eventi si accavallano, le scelte contingenti possono dividere, il destino compie il suo corso, talvolta oscuro e incomprensibile. Ma quel gradino scalato insieme resta indelebile.

Anche se da quella serata sono trascorsi quasi trentacinque anni, nei giorni – pochi ma infiniti – dell’agonia silenziosa di Marco Parachini gli spazi della mia casa sono stati ininterrottamente abitati dal profilo slanciato, elegante e discreto di un giovane poco più che ventenne al quale il tavolo domestico – adibito a improvvisata postazione di lavoro per la campagna elettorale delle “Comunali” del 1985 –  offriva per la prima volta l’opportunità di rivelare i tratti di una personalità politica spiccata  e fascinosa, che i decenni a venire si sarebbero incaricati di mostrare con evidenza a tutta la nostra comunità cittadina.

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In quelle ormai remote giornate di primavera nasceva una storia di impegno e di dedizione di lungo respiro. Intorno a quel tavolo la sinistra dc verbanese poneva le basi di un successo elettorale tanto inatteso quanto robusto, destinato a replicarsi nelle elezioni del 1990. Di quell’area politica, che aveva in Benigno Zaccagnini e Mino Martinazzoli i leader nazionali e in Alessandro Giordano, Gianfranco Astori ed Enrico Nerviani i punti di riferimento territoriali, Marco Parachini fu per una dozzina d’anni un interprete appassionato e impegnato, ricoprendo – accanto alle responsabilità amministrative nel Consiglio e nella Giunta Comunale di Verbania – incarichi politici a livello locale e provinciale nella Dc prima e nel Partito Popolare poi. Ma il luogo di elezione del suo lavoro, destinato a rafforzarsi progressivamente e a caratterizzarne la presenza pubblica, fu la dimensione municipale, verso la quale lo chiamava in maniera irresistibile l’interesse profondo per la storia della sua città, di cui precocemente colse la complessità determinata dal progressivo “farsi” della comunità verbanese nel corso dell’Ottocento e del Novecento. Un amore intenso e solidamente coltivato per tutta la vita, che mai deragliò in ostentazione erudita: per Marco la piena consapevolezza della storia della città e del suo patrimonio culturale costituiva la premessa indispensabile per “pensarne” politicamente il futuro, per dare concretezza e respiro a una vocazione che meglio di altri aveva prima intuito e poi tradotto in coerenti contenuti progettuali e programmatici.

Non è un caso che il primo incarico amministrativo sia stato quello di Consigliere Delegato al Decentramento, conferitogli dal sindaco Francesco Imperiale all’inizio del 1986: ebbe così modo, a soli 23 anni, di entrare nel cuore delle problematiche cittadine attraverso la diuturna fatica del confronto con le cinque Circoscrizioni, che allora ancora esprimevano una vitalità e un’autorevolezza smarritesi nei decenni successivi. La gavetta circoscrizionale gli consentì di assumere nel 1989 l’incarico di Assessore al Commercio e alla Viabilità, in sostituzione di Giuseppe Ravasio, passato ad altro incarico. E subito diede prova di visione, lungimiranza e rocciosa determinazione: a lui si deve la scelta di pedonalizzare, ripavimentare e riqualificare piazza Ranzoni a Intra, allora ridotta a squallido parcheggio, sfidando –  in un vero e proprio “battesimo del fuoco” – l’aggressiva e miope reazione di molti esercenti e di qualche forza politica pronta a tutto pur di raccattare una manciata di voti. Ha avuto ragione, come la storia del centro storico di Intra degli ultimi trent’anni ampiamente dimostra. E altre importanti scelte sono legate al suo determinante contributo: ricordo, a mo’ di esempio, i parcheggi di attestamento del Piano Tognoli, la proposta di pista ciclabile Villa Giulia-Villa Taranto, il terzo ponte veicolare a S. Anna, la revisione del Piano Commerciale. Il ritorno in Giunta nell’autunno del 1993 segnò l’avvio della seconda fase della sua militanza politico-amministrativa, nel corso della quale si dedicò a quella che probabilmente è stata la “passione” di una vita, l’urbanistica, mettendo mano al nuovo Piano Regolatore Comunale che, approvato definitivamente tra il 2003 e il 2006, è ancora oggi vigente.

Il 1998 rappresenta un profondo discrimine nella vita politica di Marco Parachini. A luglio si dimette polemicamente dalla Giunta Reschigna e pochi mesi dopo, nella primavera del 1999, lascia il Partito Popolare, di cui era segretario cittadino. A giugno si candida a sindaco con una lista civica e, salvo due brevi e poco significative parentesi (nel 2007 si iscrive al PD e nel 2009 entra nella lista di Forza Italia per le Comunali), abbandona i riferimenti politici nazionali e caratterizza la sua attività pubblica in chiave esclusivamente civica e municipale. E’ la storia di questi ultimi vent’anni, nel corso dei quali dà vita prima alla lista “Cittadini per Verbania” (1999-2004), poi alla lista “Riformisti per Verbania” (2004-2007) e infine a “Comunità.Vb” (2014-2019)

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Questa sommaria ricostruzione di quasi quarant’anni di vita politica dice qualcosa di Marco Parachini, ma non dice tutto. Non dice, ad esempio, del suo profilo temperamentale, che nascondeva un’innata dolcezza sotto una scorza di burbera e ruvida schiettezza; non dice della sua sagacia intellettuale, che mal sopportava la superficialità parolaia che qualche incauto interlocutore gli infliggeva, senza sapere che per lui le parole erano – morettianamente parlando – importanti, tanto importanti che ne usava poche, e tutte e sempre e solo quelle che servivano; non dice della sua ritrosia a manifestare con evidenza sentimenti che preferiva avvolgere in un pudore tanto silenzioso quanto eloquente; non dice della tetragona fermezza con la quale sosteneva nel contraddittorio la bontà di posizioni a lungo meditate, che non erano mai frutto di cieca cocciutaggine, pronto però a rimetterle in discussione di fronte all’interlocutore che riconoscesse attrezzato e competente; non dice della visceralità dell’amore per la città nella quale è vissuto tutti i giorni della sua vita, che ha servito con dedizione appassionata e disinteressata; non dice della finezza, della pulizia, dell’eleganza e della superiore qualità della sua scrittura, sia quando dava corpo a robuste e convincenti proposte amministrative, sia quando trasformava in deliziose narrazioni spunti minimi di vita cittadina osservati dall’aprica Campasca; non dice del naturale carisma che lo rendeva interlocutore ricercato e gli ha permesso di agire con riconoscibilità e autorevolezza sulla scena politica locale, pur senza avere alle spalle una più robusta organizzazione di partito; non dice dell’intensità e della profondità degli affetti personali che ha coltivato per il figlio, per la moglie, per i fratelli, per la memoria del padre e della madre.

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Un’amicizia indissolubile si costituisce quando due persone salgono insieme un gradino della vita destinato a segnarne per sempre le esistenze. Poi gli anni scorrono, gli eventi si accavallano, le scelte contingenti possono dividere, il destino compie il suo corso, talvolta oscuro e incomprensibile. Ma quel gradino scalato insieme resta indelebile. La scelta di impegnare la nostra esistenza – l’unica manciata di decenni che ci è dato di vivere – servendo nella politica la comunità alla quale apparteniamo è il gradino che Marco e io – e con noi Fabrizio, Paolo, Maurizio, Pino – abbiamo raggiunto insieme in quella ormai lontana primavera di trentacinque anni fa.

Per questa ragione oggi avverto che non solo un ciclo della vita politica della nostra città si chiude definitivamente, ma che anche una parte di me se n’è andata per sempre. Marco Parachini ha lasciato il gradino sul quale si sono dipanate le nostre esistenze. Per questa ragione oggi, muovendomi per casa, rivedo continuamente questo giovane, avverto le sue parole e ascolto i suoi silenzi, lo osservo tormentarsi con le dita la barba incipiente sul bel volto leggermente reclinato.

L’amicizia vince il tempo e lo azzera.

 

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4 risposte a MARCO PARACHINI, IL TEMPO DELLA POLITICA E QUELLO DELL’AMICIZIA di Claudio ZANOTTI

  1. Rosa Rita Varallo scrive:

    Solo tu Claudio potevi tracciare un ritratto così preciso e intarsiato nella memoria di Marco, che è stato e sarà per sempre, ricordate ? – uno dei miei due “pupilli” di quella stagione straordinaria che è stata l’educazione alla politica dei giovani dell’area Zac. Marco era uno di questi e quel tratto di rigore e lucidità politica uniti all’innata dolcezza di cui bene parli e ad una intelligenza brillante ed assolutamente non comune sono stati talenti che ha conservato e profuso per tutta la vita, restituendoli in passione testimoniale alla “sua” Verbania ed ai suoi cari.
    E’ un distacco lacerante, ma la memoria non si smarrisce per le persone che hanno lasciato un segno, ci accompagnerà ancora. Con immenso affetto. Rosa Rita

  2. Sei stato molto bravo a tratteggiare il percorso amministrativo, di uomo della citta’ di Verbania e di giovane democristiano dell’area Zac., che e’ stato Marco Paracchini. La sua azione amministrativa come Assessore all’urbanistica rimarra’ indelebile nella mente di chi l’ha conosciuto e di chi gli e’ stato amico o semplice conoscente.

  3. MARIO CORTI scrive:

    Grazie. Un ricordo commovente e centrato.

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