EUGENIO OLDRINI, RICONOSCENZA PER CINQUANT’ANNI DI VITA POLITICA di Claudio ZANOTTI

La scomparsa dell’ing. Eugenio Oldrini s’iscrive in quella trama di dolore, rimpianto e riconoscenza che ormai da un decennio scandisce – con ricorrenza purtroppo inesorabile – l’esperienza umana e politica del Gruppo consiliare che fu prima della Democrazia Cristiana, poi del Partito Popolare e ora della Margherita. 

Dolore, rimpianto e riconoscenza. Dolore per una scomparsa che, pur avvenuta in età ormai avanzata, segna non soltanto la sua numerosa famiglia – alla quale va l’abbraccio affettuoso che i Consiglieri e i militanti della Margherita verbanese consegnano a Maurizio, nostro capogruppo e testimone in Consiglio Comunale da quasi trent’anni di un’ideale continuità con l’azione amministrativa del padre che su quegli stessi banchi l’aveva preceduto – ma tutto intero quel “mondo” di passioni e memoria che è la comunità cattolico-democratica e democratico-cristiana della nostra città; un dolore che, per naturale contiguità, pensiamo sia ugualmente condiviso da quanti – pur mossi da una diversa ispirazione ideale – di Eugenio Oldrini hanno conosciuto l’eleganza, la sobrietà e l’efficacia dell’agire politico.

Il rimpianto si alimenta invece nella consapevolezza che la morte di Eugenio ci priva di una figura che davvero ci sentiamo di definire, anche se l’espressione può magari suonare banalmente retorica, “d’altri tempi”. Di tempi in cui la politica era radicalmente separata da ogni tentazione di “professionismo”, non conosceva la smania della ribalta mediatica e giornalistica e neppure  concepiva l’idea che potesse essa stessa ridursi a “prodotto” da promuovere con le tecniche e le seduzioni del “marketing” pubblicitario. Di tempi in cui alla politica, “espressione altissima della carità”, come la definì Paolo VI, ci si avvicinava con timore e tremore. E soltanto dopo avere assolto con scrupolo i propri doveri professionali e familiari, perché l’impegno politico apparisse come il coronamento di una dedizione disinteressata al bene comune già espressa e testimoniata nella vita civile, e non come una comoda scorciatoia per soddisfare ambizioni altrimenti frustrate o per fregiarsi di una notorietà vacua e superficiale. Né tantomeno per darsi un’immeritata ribalta a riscatto di certificate mediocrità. 

La riconoscenza, infine. Noi l’avvertiamo acutamente, perché Eugenio Oldrini, che pure ci ha lungamente accompagnati con il suo consiglio e il suo sostegno sino alla recente costituzione della Margherita verbanese, appartiene a quella schiera di amministratori locali che tra gli anni Cinquanta e Sessanta hanno declinato con straordinaria intelligenza la lezione di Luigi Sturzo sulla centralità della comunità locale. E da quell’ appassionata riflessione sono rampollate le lungimiranti intuizioni progettuali sullo sviluppo della nostra città (il superamento della  monocultura industriale di Montefibre, la centralità urbanistica dell’ asse S. Anna-Sassonia grazie al terzo ponte, la qualificazione dei servizi pubblici fondamentali, la valorizzazione turistica della città) che costituiscono ancora oggi il nostro prezioso bagaglio programmatico e che in questi intensi anni di governo abbiamo cercato di far diventare concreta e visibile azione amministrativa.

In questo senso la bella figura dell’ing. Eugenio Oldrini si affianca in maniera del tutto naturale a quelle di coloro che negli ultimi dieci anni ci hanno lasciato: da Sergio Bocci a Maria Teresa Bellentani, a Giuseppe Ravasio. E, più indietro nel tempo, Natale Menotti e Iginio Fabbri. Se ne sono andati proprio quando avremmo più avuto bisogno di loro, per meglio corrispondere alle accresciute responsabilità amministrative che gli elettori ci hanno assegnato. E la consapevolezza di averli avuti come maestri, ad un tempo ci inorgoglisce per il privilegio dell’intimità e ci intimidisce per la responsabilità di un lascito così impegnativo

(maggio 2003)

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