UN CAMPEGGIO URBANO PER RILANCIARE IL “LAGO IN CITTA'”

“Esistono in città  alcune aree di grande pregio ambientale e di favorevolissima collocazione che potrebbero gradualmente e progressivamente riconvertirsi a un turismo en plein air a cementificazione zero e con la sostanziale preservazione della naturalità dei suoli…riprendendo anche l’ambizioso progetto di lake park che preveda la saldatura tra la spiaggia pubblica del Maggiore e una finalmente recuperata area dell’ex porto, con il recupero di continuità e fruibilità tra l’uno e l’altro spazio”

VERBANIAVENTITRENTA

Nelle settimane scorse attraverso queste colonne virtuali sono state più volte analizzate questioni di evidente rilievo turistico-ambientale (leggi qui, qui e qui), nella consapevolezza dell’importanza centrale di questa tematica per lo sviluppo socio-economico della città di Verbania. Per questa ragione può essere utile tornare a ragionare sul difficile equilibrio tra valorizzazione del segmento della ricettività turistica e valorizzazione della qualità ambientale e paesaggistica in un contesto territoriale che ha un’improcrastinabile necessità e dell’una e dell’altra. In attesa che le anticipazioni di stampa relative al possibile sblocco di uno o dell’altro dei tre storici interventi attesi da almeno quarant’anni (ex Eden, ex Colonia Motta e Villa Poss) acquistino una meno gracile consistenza, dedichiamo qualche riflessione all’ipotesi di arricchire l’offerta di turismo en plein air con aree di “campeggio urbano”.

E’ noto che nel nostro Comune operano cinque campeggi, tutti localizzati nel Piano Grande di Fondotoce e grazie ai quali Verbania da molti anni svetta nella classifica regionale per presenze turistiche; ed è altrettanto noto che le molte decine di migliaia di turisti (prevalentemente stranieri) che in estate affollano questi campeggi sono sostanzialmente “invisibili” alla città, almeno sino a quando non sarà completata la pista ciclopedonale Fondotoce-Beata Giovannina, con auspicato prolungamento sulla litoranea sino alla foce del San Bernardino. Infine – ed è stato oggetto di dibattito in queste ultime settimane – è consapevolezza largamente diffusa che l’ampliamento dei camping attuali pone delicate questioni in ordine alla preservazione dei già stressati ecosistemi nell’area del Piano Grande, soggetta ai vincoli idrogeologici del PAI e a quelli ambientali della Riserva Naturale Speciale.

Esistono invece in città  alcune aree di grande pregio ambientale e di favorevolissima collocazione che potrebbero gradualmente e progressivamente riconvertirsi a un turismo en plein air (campeggio, roulottes, moduli abitativi, camper) a cementificazione zero e con la sostanziale preservazione della naturalità dei suoli. Un’attenzione particolare meritano tre compendi davvero strategici, situati in quello che il progetto abortito di Piano Regolatore del 1942 identificava come “quarto centro di nuova costruzione”, cioè tra Villa Taranto e  il torrente: le case “Immacolata” e “Santa Luisa” e l’ex seminario francescano di San Bernardino. Questi spazi hanno in comune alcune caratteristiche strategiche: l’affaccio visivo diretto al lago, che costituisce un elemento imprescindibile per l’en plein air; la presenza di volumi edificati da riconvertire/ristrutturare/riedificare, con il duplice vantaggio di recuperare patrimonio edilizio e di evitare consumo di suolo (nel caso del “Maria Luisa” va considerata anche la possibilità di risolvere l’annoso problema determinato dall’ingombrante presenza dell’attiguo rudere dell’ex birreria); la disponibilità di spazi scoperti già a “verde naturale” o facilmente riqualificabili in questo senso; la collocazione centrale rispetto alla rete viabilistica, ai servizi commerciali, alle strutture turistiche di svago, sport e balneazione.

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Case Immacolata e Santa Luisa

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Ex seminario francescano

L’ipotesi di  una presenza di “campeggio urbano” in questa zona della città va comunque inserita in un orizzonte temporale medio-lungo, poiché le aree identificate vivono condizioni distinte e diverse rispetto alla prospettiva abbozzata in queste righe. La casa “Immacolata”, di proprietà dell’ordine religioso delle “Figlie della Carità” (famiglia vincenziana), dopo la ristrutturazione degli spazi interni è oggi a tutti gli effetti una struttura ricettiva alberghiera (cfr. qui) dotata di un ampio parco retrostante. Sempre di proprietà della famiglia vincenziana è la Casa “Santa Luisa”, direttamente utilizzata dall’Ordine come residenza per alcune decine di religiose. Destino affatto diverso è quello dell’ex seminario francescano attiguo alla chiesa di Santa Rita e al centro “San Francesco”, abbandonato venticinque anni fa dal liceo scientifico allora “Galois” e ora in condizioni di progressivo e accentuato degrado. La proprietà resta della Provincia francescana, mentre la destinazione urbanistica turistico-ricettiva contenuta nel piano regolatore non ha mai incontrato l’interesse di un investitore, analogamente a quanto accade per altre decine e decine di aree dismesse per le quali in vigente PRG prevede il recupero con destinazioni ritenute “appetibili” (turistico-ricettive, residenziali, terziario-direzionali).

A rendere interessante una prospettiva di medio periodo incardinata sul “campeggio urbano” non sono soltanto le caratteristiche di pregio delle aree individuate in questo articolo e/o le esperienze locali analoghe e di successo (il campeggio urbano di Cannero, l’area camper fronte lago di Oggebbio …), ma anche le condizione dell’affaccio a lago di questa zona. Da un lato abbiamo l’opportunità di fruizione rappresentata dalla spiaggia attigua al Maggiore, mentre dall’altro resta insoluto il nodo dell’ex porto turistico spazzato via dalla bufera di vento dell’ottobre 2013. Sono passati ormai sette anni, ma l’ipotesi di una ricostruzione della struttura da parte di un soggetto privato (Nautica  Bego) all’interno di una concessione demaniale finalizzata non sembra essere andata molto al di là di qualche rendering rilanciato dalla stampa locale. E probabilmente le difficoltà a dare gambe a un progetto di cui si parla da almeno un lustro sono più gravi e più profonde di quanto si possa supporre. Potrebbe essere allora ragionevole (e forse lungimirante) trovare luoghi pubblici di dibattito e di confronto all’interno dei quali ipotizzare un’altra destinazione per l’area dell’ex porto turistico, magari strettamente legata alla valorizzazione turistica en plein air  dell’immediato retroterra urbano. E perché, in questa prospettiva, non riprendere anche l’ambizioso progetto di lake park che preveda la saldatura tra la spiaggia pubblica del Maggiore e una finalmente recuperata area dell’ex porto, con il recupero di continuità e fruibilità tra l’uno e l’altro spazio attraverso la ricollocazione/rimodulazione del cantiere nautico?

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