LA COALIZIONE LARGA E IL TOTEM DELLE PRIMARIE di Claudio ZANOTTI

“Si esce dall’autolesionistico loop in cui il sistema è sprofondato negli ultimi sei mesi e si tenta di mettere mano a un’alleanza di centrosinistra che, facendo perno sul Pd, vada dai civico-centristi ai Verdi, dai 5 Stelle ad Ambiente Verbania, alla storica Sinistra verbanese, portando ciascuno dei contraenti uno specifico contributo programmatico e progettuale in grado di arricchire, rafforzare ed equilibrare il patto coalizionale, secondo un modello che vent’anni fa aveva decretato il successo del centrosinistra “largo”

Dopo la pubblicazione del pensoso articoletto di qualche giorno fa nel quale, azzardando spericolati accostamenti platonico-neotestamentari (il demiurgo e l’Armageddon), si auspicava un soprassalto di consapevolezza del centrosinistra verbanese (“riavvolgere il nastro malamente dispiegato in questi mesi e tentare di svolgerlo in forme più razionali, intelligenti ed inclusive, cercando una sintesi tra passato e futuro che non disperda il patrimonio di “buone pratiche” del ciclo che si chiude, valorizzi gli spunti innovativi e indichi uno scenario futuro all’interno del quale dare forma a un’idea di città da realizzare gradualmente dell’arco di due/tre cicli amministrativi“), il quadro politico si è profondamente modificato con la disponibilità di Chiara Fornara, direttrice del Consorzio Servizi Sociali del Verbano, a candidarsi a sindaco per il centrosinistra (qui il suo documento). Sino a quel momento infatti la situazione appariva irrimediabilmente bloccata nel cul de sac di una circoscritta alleanza (Pd e civico-centristi) senza candidato (il nome del Pd respinto dai potenziali alleati) e senza programma (il mantra della “continuità”).

L’apparizione sulla scena di una figura che, pur appartenendo alla comunità politica del Pd, incarna una prospettiva svincolata dalle complesse e controverse dinamiche del ciclo amministrativo che si chiude, costituisce l’ultima occasione per indurre i soggetti del centrosinistra cittadino a riavvolgere il nastro secondo le modalità e con gli obiettivi poco sopra richiamati. In altre parole, si esce dall’autolesionistico loop in cui il sistema è sprofondato negli ultimi sei mesi e si tenta di mettere mano a un’alleanza di centrosinistra che, facendo perno sul Pd, vada dai civico-centristi ai Verdi, dai 5 Stelle ad AmbienteVerbania, alla storica Sinistra verbanese, portando ciascuno dei contraenti uno specifico contributo programmatico e progettuale (il nostro, robustissimo, è qui) in grado di arricchire, rafforzare ed equilibrare il patto coalizionale, secondo un modello che vent’anni fa aveva decretato – pur in un quadro politico affatto diverso da quello attuale – il successo del centrosinistra “largo”. A servizio di questo disegno, la cui realizzazione non sconta oggi a parer nostro alcun fattore di preconcetta ostilità, le forze politiche hanno il dovere di mettere a disposizione le figure ritenute più idonee all’interno di ogni raggruppamento, selezionando tra di esse quella che raccoglie il maggior gradimento finalizzato alla costruzione di una sintesi più alta e più condivisa.

Se il metodo di lavoro che si va profilando (prima la definizione dei contenuti programmatici, poi l’estensione del perimetro di coalizione, infine l’individuazione del candidato sindaco) raccoglie unanime consenso, lo strumento più volte evocato delle primarie perde la sua ragion d’essere, dal momento che è l’alleanza in fieri a riconoscere al proprio interno il soggetto che ha le maggiori chance di guidare con successo la fase “in divenire” verso una vera e propria alleanza “in atto”. D’altro canto le primarie, utilizzate a corrente alternata dal solo Pd, si sono rivelate uno strumento incongruo per la costruzione delle coalizioni politiche a ogni livello e improduttivo (quando non dannoso) per la scelta delle cariche di vertice interne, come testimoniano ad abundantiam i dodici passaggi alla segreteria nazionale dei Democratici in sedici anni. E non sarà un caso se in questa tornata elettorale in tutta Italia le primarie sono previste solo – letteralmente – in una manciata di Comuni, e sempre in un contesto di profonde lacerazioni interne al partito. Insomma, “primarie della disperazione”. E anche per le nostre primarie locali (le parlamentarie provinciali del 2012 e le comunali verbanesi del 2014) il saldo politico a consuntivo è stato nettamente e irrimediabilmente negativo, tanto per il centrosinistra quanto (o forse di più) per lo stesso PD.

Il totem delle primarie – soprattutto quando esse si applicano alla scelta di un candidato per una carica istituzionale – va lasciato cadere senza nostalgie e senza ripensamenti, perché deresponsabilizza iscritti, militanti e dirigenti di partito, lascia all’indistinta volubilità di un’occasionale platea di cittadini una delle scelte più importanti che competono alla politica e determina – all’interno di quel “corpo politico” che è un partito – lacerazioni e divisioni il cui impatto negativo di breve, medio e lungo periodo è sempre stato di gran lunga superiore agli apparenti, effimeri vantaggi che lo strumento-primarie ha sempre promesso e mai conseguito.

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