LA NUOVA COLONIA MOTTA: GRANDI OPPORTUNITA’, GRANDI RISCHI di Giovanni B. MARGAROLI

Il proprietario dell’area propone una soluzione di indiscutibile valore architettonico e paesaggistico, rispettosa delle indicazioni del Piano Regolatore del Comune e delle prescrizioni della Soprintendenza dei Beni Culturali. Ma la montagna della riqualificazione urbanistica e del potenziamento dell’offerta turistico-ricettiva potrebbe partorire il pericolosissimo topolino della speculazione immobiliare. Ora più che mai è necessario che l’Amministrazione Comunale intervenga sui contenuti della convenzione urbanistica e che l’opinione pubblica più avvertita e consapevole vigili sull’intero processo di approvazione.

E’ evidente che Verbania vede nel turismo un asse portante del suo sviluppo futuro, sperabilmente non l’unico da perseguire ma certamente il più importante. La capacità ricettiva della città è quasi esclusivamente concentrata nei campeggi, mentre diminuisce (anche tenendo conto del nuovo insediamento di Piazza Gramsci) quella alberghiera, già scarsa e ulteriormente ridotta dalle ultime varianti urbanistiche di trasformazione da turistico ricettivo a residenziale. Aumentano le unità immobiliari destinate ad affitti brevi: eravamo a 182 unità dichiarate a fine 2020, oggi superiamo certamente le 200, con le conseguenze positive ma anche le esternalità negative che questo fenomeno comporta.

Un incremento della capacità ricettiva si può avere solo all’interno di alcune aree di riuso e riqualificazione, escludendo peraltro l’area ex Acetati a causa della vicinanza con il sito produttivo di Plastipak. Vedremo se la variante generale di piano regolatore in corso di elaborazione dal settembre 2021 saprà generare proposte in questo senso.
Va comunque considerato che a oggi Verbania fatica non poco ad attrarre investimenti nel settore alberghiero, per l’insieme delle sue caratteristiche che la rendono meno attrattiva rispetto alle località vicine più storicamente vocate come Stresa e Baveno.

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In questo quadro fa eccezione l’area della Colonia Motta, che si presenta potenzialmente come una formidabile risorsa per lo sviluppo turistico della città. Si tratta di circa 126.000 mq tra la statale in zona Tre Ponti e l’abitato di Cavandone. E’ dotata di un compendio di edifici per circa 56.000 mc, la cui destinazione originale era appunto ricettiva e di servizio alla ricettività. Alcuni edifici sono di notevole valore e soggetti a vincolo monumentale e si collocano in un contesto paesaggistico di grande pregio in maniera rispettosa dell’ambiente.

Lo Strumento Urbanistico Esecutivo vigente fissa un limite complessivo di costruito (tra esistente e nuovo) di 90.000 mc, una dimensione tale da consentire un insediamento turistico molto articolato  che, qualora realizzato, offrirebbe occasione di lavoro e di sviluppo molto superiori a qualunque altro intervento ipotizzabile entro il confine della città.

QUALCHE CENNO DI STORIA. Dal 1924 alla fine degli anni 60 del secolo scorso, l’area è destinata a colonia dei figli dei dipendenti della Edison e in parte come convalescenziario per i dipendenti. La nazionalizzazione dell’energia elettrica e l’incorporazione di Edison in Montedison determina la dismissione delle attività sociali cui era destinato il compendio e genera una complessa serie di passaggi di proprietà, terminati con l’acquisizione dell’area da parte dell’attuale proprietario, Interlaghi srl. Dagli anni 70 l’area è abbandonata e quindi soggetta a un progressivo degrado.

Nel 2007 l’Amministrazione Zanotti negozia con la proprietà, rappresentata dall’imprenditore Marcello Gabana, uno Strumento Urbanistico Esecutivo (SUE) per il recupero dell’area, piano che viene successivamente approvato dal Consiglio Comunale. Il SUE lascia aperte ancora alcune questioni infrastrutturali non marginali da affrontare e risolvere in fase realizzativa. Nel 2009 l’interlocuzione tra amministrazione e proprietà, nonché il processo di realizzazione del piano si interrompe bruscamente a causa della fine tragica di Marcello Gabana, che cade con l’elicottero mentre torna da un sopralluogo proprio alla Colonia Motta.

Nel 2011 la Soprintendenza dichiara il sito di interesse culturale particolarmente importante. Il vincolo rende irrealizzabili alcuni interventi previsti nel progetto del 2007: non si possono più demolire gli edifici storici e si condizionano pesantemente gli interventi sugli altri edifici di pregio. Nel 2020 la Soprintendenza sollecita la proprietà a intervenire per fermare il degrado del complesso, che nel frattempo era ovviamente progredito.

La proprietà, a questo punto, mostrando un rispetto dello Stato che altri (vedere Villa Poss) hanno purtroppo ignorato, interviene con decisione mettendo in campo gli investimenti e le professionalità necessarie a mettere in sicurezza gli edifici; chiede per due volte la proroga della convenzione in essere e in scadenza e incarica l’architetto Stefano Molgora di rivedere il piano del 2007. Lo Strumento Urbanistico Esecutivo vigente deve essere rivisto non solo per adeguarlo all’imposizione del vincolo ma anche perché la proprietà ritiene, a ragione, che nella sua formulazione originale il piano stesso renda difficile trovare uno o più operatori interessati a realizzare l’intervento.

IL NUOVO PIANO. Chi volesse approfondire l’argomento può accedere ai documenti progettuali qui. Leggiamo dalla relazione illustrativa del progetto:

‘Obiettivo principale del progetto è quello di proporre una struttura turistica il più possibile articolata nell’offerta tipologica delle unità ricettive che la compongono ed in grado di offrire infrastrutture e servizi tali da costituire un vero polo di attrazione per il tempo libero.’

E ancora:

‘L’obbiettivo finale della Committenza è quello di proporre sul mercato turistico parte degli immobili per la vendita, vincolando le affittanze a una gestione unitaria che sarà impegnata alla collocazione delle unità ricettive disponibili, sul mercato internazionale delle affittanze a settimane (tramite regolamento interno).

In alternativa la possibilità di avere una struttura sociosanitaria (RSA) presenta l’occasione per unire questa peculiare destinazione ad un utilizzo in parte turistico anche per le persone che necessitano di assistenza medica.’

Da queste parole si desume quanto peraltro già dichiarato in modo trasparente dalla proprietà fino dall’inizio dell’interlocuzione con l’amministrazione comunale:

  1. La proprietà non ha intenzione di investire direttamente ma vuole cercare degli acquirenti in grado di realizzare il progetto.
  2. Con ogni probabilità non sarà un solo operatore in grado di assumersi in toto il compito. Più facile che si cerchino uno o più immobiliaristi che realizzino l’intervento a destinazione residenziale, mentre l’operazione di recupero e di ampliamento dell’esistente potrà essere affidata a un operatore in grado di gestire una struttura ricettiva complessa o, in alternativa, una struttura socio sanitaria.
  3. Quindi l’Amministrazione Comunale e la Soprintendenza non hanno trattato con l’operatore o gli operatori che si assumeranno il compito della realizzazione del piano, i quali interverranno in un secondo tempo, probabilmente rinegoziando alcuni aspetti del piano stesso.

Dal punto di vista dimensionale la proposta progettuale è del tutto compatibile con il piano regolatore vigente e si riassume come segue:

  • Superficie coperta:  11.372 mq
  • Superficie lorda: 25.243 mq
  • Altezza massima variabile nuovi edifici: da 6,5 m a 13 m o pari all’esistente
  • Volume: 89.151 mc
  • Posti auto privati: 382 di cui interrati 275
  • Aree a standard individuate: 12.389 mq di verde pubblico
  • Aree a standard necessari: 8.414 mq

Si prevede la realizzazione di cinque interventi:

  1. Residence ‘Le ville’
  2. Residence ‘Piscina’
  3. Appartamenti, hotel e centro servizi
  4. Residence ‘La nave’
  5. Residence centrale

Gli ultimi 4 interventi riguardano il compendio esistente, sul quale si interviene in modo molto articolato con demolizioni, ristrutturazioni e nuove costruzioni.  Per il primo si tratta invece di nuove costruzioni a destinazione residenziale posizionate in basso, appena a monte dell’ingresso, dove oggi esiste la casa del custode. Il nuovo volume lordo previsto qui è 10.500 mc, distribuiti su un numero di unità immobiliari da 12 a 24, con un’altezza massima lorda di 6,5 m.

Il dettaglio degli interventi è visibile sul sito del comune. Per brevità qui riportiamo i rendering, tratti dalla relazione illustrativa del progetto dell’architetto Molgora, che danno un’idea dello stato attuale e della trasformazioni previste.

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TUTTO BENE ALLORA? NO, SE LEGGIAMO LA BOZZA DI CONVENZIONE. Fino a qui sembrerebbe un percorso esemplare di collaborazione tra pubblico e privato, tra la proprietà, il Comune e lo Stato centrale rappresentato dalla Soprintendenza. Le cose si complicano non poco se si legge la bozza di convenzione che fa parte integrante della proposta di piano.

L’art. 4 comma 5 della proposta di convenzione recita:

Il volume massimo ammissibile dell’edificato non potrà, in ogni caso, superare mc 90.000,00, fermo restando che è rimessa alla libera volontà della PROPONENTE la scelta in ordine a quali interventi effettivamente realizzare tra quelli autorizzati ed in quali tempistiche nell’arco del periodo di efficacia della presente convenzione.

E ancora all’art. 5 comma 2:

Le opere di urbanizzazione primaria di cui agli artt,6-7 della presente convenzione, la cui esecuzione sia commessa alla PROPONENTE, devono essere ultimate entro dieci anni dalla data di sottoscrizione della presente convenzione, in conformità alle NTA del vigente PRG, ferma l’effettiva realizzazione degli interventi previsti cui le stesse sono specificatamente funzionali.

Il pubblico esce completamente di scena, e lascia l’attuazione del piano esclusivamente nelle mani della proprietà.

Ora immaginiamoci lo scenario sotto descritto (possibile e forse probabile). La proprietà non riesce a risolvere il problema più complesso, cioè trovare un operatore disponibile a realizzare la ristrutturazione e l’ampliamento degli edifici esistenti per trasformarli in una struttura ricettiva o in una residenza socio sanitaria e per gestirla successivamente. Risolve invece il problema più semplice e più conveniente per i suoi legittimi interessi: trovare uno o più operatori immobiliari disponibili a costruire e rivendere le ville previste dal piano nella parte bassa dell’area.

Si tratta di uno scenario non solo del tutto compatibile con la convenzione ma anche senza controindicazioni, dal momento che le nuove costruzioni sono sufficientemente distanti dalla vecchia colonia da non essere interessate dal destino di quest’ultima e possono essere dotate delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria indipendentemente da quelle necessarie alla struttura ricettiva, Forse fa eccezione la rotonda di accesso, ma non è detto perché il carico di traffico indotto dalle ville è molto più modesto di quello indotto dall’intervento nella parte alta.

Se questo scenario dovesse realizzarsi al termine dei dieci anni il bilancio dell’operazione, visto dal punto di vista dell’interesse pubblico, sarebbe il seguente per le poste positive:

  • Il Comune avrebbe acquisito l’area della vecchia strada di accesso e del bosco circostante da destinare a parco pubblico, con percorsi pedonali attrezzati per circa 1,2 ettari.
  • La proprietà sarebbe comunque vincolata, dal vincolo monumentale imposto dalla Soprintendenza, a mantenere in sicurezza gli edifici esistenti e a fermarne il degrado già molto avanzato.

Per le poste negative:

  • Si sarebbe generato consumo di suolo nella misura di 1.700 mq per realizzare da 12 a 24 nuove unità immobiliari.
  • Pur permanendo l’obbligo da parte della proprietà di messa in sicurezza del compendio della ex colonia, rimarrebbe l’area degradata sulle pendici del Monterosso, in un contesto di grande pregio ambientale.
  • L’intervento produrrebbe benefici modestissimi in termini di sviluppo turistico, e vanificherebbe le potenzialità insite nell’unica area capace di invertire la tendenza alla riduzione delle capacità ricettive in città.
  • Le ville nella parte bassa, che nelle intenzioni originarie dell’amministrazione costituivano una consistente premialità tesa a favorire l’intervento di recupero della colonia, si trasformerebbero invece nell’unico risultato concreto ottenuto dalla realizzazione del piano.
  • La fruibilità (sia da parte dei turisti che dei residenti) e la manutenibilità dell’area a parco pubblico, comunque non semplici (nell’intervento non sono previsti parcheggi pubblici) sarebbero comunque ostacolate dall’assenza della riqualificazione degli edifici della ex colonia.

In sostanza, una interlocuzione positiva e costruttiva tra l’interesse pubblico e quello privato, condotta con le giuste professionalità e con un atteggiamento di attenzione non comune da parte del privato, rischia di trasformarsi in una débâcle del pubblico.

C’è tempo per correggere il tiro. E’ indispensabile che la Giunta (a fronte di osservazioni che sperabilmente perverranno) e il Consiglio Comunale (in seconda battuta se necessario), riaprano la negoziazione con la proprietà, chiedendo all’amministrazione di mantenere anche nella fase attuativa il proprio ruolo di sostegno all’interesse pubblico e di modificare la convenzione subordinando le nuove costruzioni all’intervento di recupero.

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