UNA SERATA SUI FIUMI…E UN RACCONTINO

Nel corso dell’intenso e partecipato dibattito organizzato da Europa Verde e AmbienteVerbania è stato esaurientemente presentato e analizzato il progetto di riqualificazione complessiva delle sponde del torrente San Giovanni comprese entro i confini del Comune di Verbania, facendo puntuale riferimento alle caratteristiche idro-morfologiche, vegetazionali ed ecosistemiche del corso d’acqua intraschino. I nostri lettori possono prendere visione delle relazioni predisposte e illustrate durante la serata dall’ing. Marzia Ciampittiello del CNR (qui) e dall’agronomo Fabrizio Breganni (qui), mentre le linee generali dell’intero progetto di riqualificazione e fruizione dell’asta fluviale sono già state pubblicate qui.

Con l’appuntamento del 26 febbraio AmbienteVerbania ha idealmente chiuso il lavoro di progettazione relativo alla riqualificazione fruitiva del torrente San Giovanni, la cui progressiva realizzazione è affidata al ciclo amministrativo che si avvierà dopo le elezioni di giugno. Ora, se le condizioni politiche lo consentiranno, è necessario mettere mano a un analogo sforzo di progettazione per la ben più complessa asta del San Bernardino, il cui primo tratto a risalire (dalla foce al ponte del Plusc) reclama una riqualificazione che non può prescindere dalla valorizzazione e dalla reciproca integrazione dei contesti urbanistici della Sassonia in sponda sinistra e del grande “polmone verde” dell’ex Acetati in sponda destra, i cui capisaldi già si possono rintracciare in questo contributo di qualche settimana fa.

La centralità della frazione “popolare” di Possaccio nel nostro progetto di riqualificazione delle sponde del San Giovanni ci ha suggerito di proporre – a chi avrà voglia e tempo di leggerla – questa sapida, piacevole e limpida scrittura uscita dall’elegante penna (digitale, ovviamente) di DIEGO BRIGNOLI, possaccese doc, che ripropone in forma narrativa uno scambio di mail originato dalla subitanea formazione – proprio tre anni fa in questi giorni – di un “lago effimero” tra le ripide forre del torrente nel “salto” tra Cambiasca e Verbania. Insomma, una Possaccio torrentizia e “balneare” di mezzo secolo fa!

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All’inizio di febbraio del 2021 sul torrente San Giovanni, tra Possaccio e Cambiasca cade una frana che ne ostruisce il corso formando un laghetto effimero. Per qualche giorno è tutto uno svolazzare di droni e di elicotteri e un via vai di geologi ed esperti vari. Conosco bene quei luoghi, meta delle giornate estive di quando ero ragazzino. Italo [Isoli], il mio geologo di fiducia, coglie l’occasione per ricordare un paio di eventi simili avvenuti in passato. Questo il suo racconto.

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La frana caduta dalla sponda destra del torrente S, Giovanni, appena a monte del  ponte di Possaccio in un tratto caratterizzato da una profonda forra, ha iniziato a formare un lago a monte dello sbarramento. Sono in corso verifiche per valutare possibili pericoli relativi sia ad ulteriori frane per evoluzione dello stesso ciglio sia per la stabilità dello stesso sbarramento sotto l’azione dell’acqua, soprattutto in condizioni di piena. E’ probabile che lo sbarramento, costituito da blocchi rocciosi di grosse dimensioni, rimarrà in posto e le fessure si intaseranno sino a determinare una tracimazione dell’acqua sopra il deposito, con relativa bella cascata  e un conseguente innalzamento e ampliamento del lago a monte, probabilmente anche di interesse per balneazione locale. Il fenomeno rientra in una tipologia geologicamente conosciuta che prende il nome tecnico di “lago di sbarramento per frana”. Famosissima geologicamente la frana che ha dato origine al lago di Antrona la cui descrizione vi allego qui sotto.

Il 27 luglio 1642 un’enorme frana staccatasi dalle pendici del monte Pozzuoli rovinò su tutto il pianoro sottostante investendo anche una parte delle case dei cantoni di Grognasca e delle Case, seppellendo senza alcuna possibilità di fuga 95 abitanti, sorpresi nel sonno e incapaci di sfuggire a tanta violenza. Lo sbarramento della valle chiuse la via al passaggio delle acque del Troncone che a monte della massa franata si allargò in un lago, ora detto lago di Antrona. Passato il primo sgomento gli Antronesi si ripresero senza aiuti esterni e con tenacia cercarono di sopravvivere in un paese tanto sfortunato. Alcuni, ridotti in povertà dalla crisi che seguì, emigrarono in altre regioni. (Dati della frana: circa 20 milioni di mc. su una superficie di circa 375.000 mq.). Dal 1926 il lago è utilizzato come riserva per la sottostante centrale di Rovesca. La frana sollevò una nube di polvere che sostò per oltre una settimana oscurando il sole; la sua scomparsa  fu dovuta solo a forti venti che si originarono nei giorni successivi e che la trasportarono fin sopra Mergozzo.”

Più recente, si fa per dire (1987), la frana della Val Pola in Valtellina, che produsse a sua volta un lago e di cui anche in questo caso vi allego la descrizione.

Nelle prime ore del 28 luglio, dal monte Zandila in Val Pola sito in destra idrografica pochi chilometri a valle di Bormio, si staccò una frana del volume di circa 30 milioni di m3 che occluse il corso dell’Adda creando un lago della capacità di circa 20 milioni di m3. Furono sommersi dall’accumulo di detriti gli abitati di Morignone e S. Antonio Morignone per fortuna senza perdite di vite umane grazie all’intervento di Michele Presbitero, allora direttore del Servizio Geologico della Lombardia  che ne ordinò lo sgombero intuendo quello che poi si sarebbe verificato. La presenza di un lago di così grande volume, sostenuto da una diga naturale alta un centinaio di metri, provocò grande panico nelle popolazioni, consapevoli dei rischi che correva la valle se questa diga fosse crollata. Quando si iniziò ad esaminare i gravi problemi che incombevano nella valle si presentarono alla memoria di chi si trovava sul posto i tanti disastri provocati dal crollo di dighe.

L’esperienza vissuta dalla Commissione, battezzata poi “Commissione Valtellina”, è stata straordinaria, sia per l’assoluta novità delle situazioni che si trovò a dover affrontare specie nei momenti in cui si scontravano vedute o interessi contrastanti: come ad esempio accadde quando si accese una violenta polemica che coinvolse coloro che erano favorevoli alla tracimazione forzata dell’accumulo e quelli che ne erano contrari.

Gli interventi decisi dalla cosiddetta Commissione Valtellina e messi in atto in pochi giorni per controllare le situazioni di rischio sono risultati determinanti per la messa in sicurezza dei territori della Valtellina. Tra questi interventi, a cui  ho avuto l’opportunità di partecipare, ci fu quello di  vuotare il lago prima che si compisse il suo riempimento onde evitare i rischi derivanti dalla tracimazione dell’accumulo e della caduta nel lago di una nuova frana. Questo obbiettivo fu ottenuto attraverso la costruzione di una galleria by-pass per mettere in sicurezza idraulica la zona fino al momento in cui si sarebbe progettata ed attuata la definitiva sistemazione dell’area colpita dalla frana. Non avevo ancora  50 anni, ovviamente per quanto riguarda la Val Pola.

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Claudio [Zanotti] è un po’ la memoria storica del nostro gruppetto. Profondo conoscitore delle vicende politiche della nostra città e dell’intero Paese è pure una gran bella e arguta penna e non si lascia sfuggire l’occasione per un suo intervento:

Bella la doppia rievocazione di Italo, (relativamente) giovane geologo nella val di Pola e forse ancora bimbetto ai tempi della frana in valle Antrona, quando infuriava la guerra dei Trent’Anni. Io ne ho tratto ammaestramento a non compiere escursioni in montagna tra il 27 e il 28 luglio. Ai tempi della val di Pola (marciavo verso i trentuno…) ricordo la straniante presenza in loco del ministro Remo Gaspari, democristianone abruzzese e detentore di cospicuo pacchetto di tessere da far pesare in sede congressuale e ministeriale. Il poveraccio si trovò a sostituire proprio quel giorno il mitico Giuseppe Zamberletti come ministro alla protezione civile nel neocostituito governo Goria e si assunse la responsabilità di dare il via alla tracimazione controllata. Devo dire che gli è andata bene.

Ho seguito con interesse l’episodio franoso del San Giovanni perché qualche settimana fa ho percorso per la prima volta il breve, scalcagnato e un po’ esposto sentierino che, partendo dal retro della casa situata proprio a ridosso del ponte di via Cuboni, risale in sponda dx il torrente e termina sul confine tra i due Comuni. La forra è davvero profonda e scoscesa.

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Non posso competere con le conoscenze di Italo né con l’arguzia di Claudio, ma quei luoghi mi sono oltremodo famigliari, o per lo meno lo erano, e mi tornano alla mente una serie di episodi legati alla mia più giovane età. Mica posso sentirvi parlare di Possaccio senza dire niente! Purtroppo devo risalire parecchio indietro nel tempo, diciamo un mezzo secolo fa o poco più, quando la pozza sotto il ponte di Possaccio era la nostra spiaggia.

Va detto che allora di acqua ce n’era parecchia e lo sbarramento di pietre (la diga!) che ogni anno costruivamo all’inizio della stagione (più o meno maggio) e che le successive buzze (in particolare quella da san Pedar) ci costringevano a ricostruire, contribuiva a mantenere un livello d’acqua sufficiente per giocare a mazzacagneu. Nel caso qualcuno non lo sapesse o se ne fosse dimenticato, si tratta di una gara di tuffi, o meglio di salti in acqua nelle più svariate posture, eseguiti urlando il  nome del tuffatore successivo che doveva eseguire lo stesso “tuffo”. Qualsiasi errore veniva punito con il supplizio del mazzacagneu: afferrati per mani e piedi e lanciati in acqua dopo un volo la cui altezza e lunghezza dipendevano dalla forza dei lanciatori.

La cosa più  interessante di quei pomeriggi estivi erano però le risalite del San Giovanni. A guidare il gruppetto era di solito Oreste detto Orso, un omone dalla forza spaventosa, utilissima nella costruzione delle dighe per formare la nostra piscina;  era ovviamente lui a spostare i massi più grandi. Di qualche anno più grande di noi ma rimasto sempre ragazzino: era sempre lui a guidare il gruppo quando questo era formato da mio fratello e i suoi amici, quindici o vent’anni meno di noi. 

Oggi lo chiamano “torrentismo”, allora era solo “nemm ai sircc?”. Un po’ come il trekking. Vai a dire a un abitante delle nostre valli che quando andava a piedi al  mercato  faceva trekking. Anche l’abbigliamento non era precisamente tecnico. Niente corde, imbraghi, moschettoni, caschi, calzari, tute e guanti;  piedi  nudi, costume da bagno per i più fortunati, mutande (quelle bianche, con l’elastico largo) per quasi tutti. 

Si risaliva  e la prima pozza che si incontrava era il “puzzun dal moro”, grosso modo dove è caduta la frana. Una pozza coperta da un enorme masso staccatosi chissà quando da un fianco della forra e appoggiatosi sull’altro. Due modi per superarlo: nuotare nella breve galleria buia o scalarlo. Sulla sommità “la morte!”, il punto da dove saltare o tuffarsi nella sottostante pozza d’acqua che da lì non si vedeva; un po’ come  i piedi quando  aumenta la pancia. Nonostante il funereo appellativo non ricordo nessun decesso o ferito grave. Ematomi, escoriazioni e qualche punto di sutura al pronto soccorso non rientravano allora tra gli eventi incidentali, non contavano nulla, al massimo qualche scappellotto quando rientravi la sera.

Più pericoloso certo il sentiero che Claudio ha recentemente affrontato con grande sprezzo del pericolo. Ho un vago ricordo di una persona e una mucca caduti di sotto. In tempi diversi. Ricordo bene la mucca perché l’odore della carcassa in putrefazione impedì per qualche giorno la balneabilità della nostra spiaggia. Non per intervento della competente ASL ma perché puzzava davvero. Il decesso umano invece, se ben ricordo, fu presto archiviato con “u sarà stai ciucc”.

Superato il puzzun si entrava in territorio cambiaschese nelle due spiagge (si fa per dire) della ridente località collinare, sircc e sircin.  Purtroppo da quelle parti noi di Possaccio non eravamo molto ben visti, forse perché i luoghi erano frequentati da qualche ragazza di cui i cambiaschesi andavano gelosi ed orgogliosi. Va detto che a Cambiasca, terra di emigrazione,  in estate arrivava qualche ragazza di Milano in vacanza dai nonni. A Possaccio, terra di immigrazione a causa della cartiera, solo qualche rarissima ragazzina di Spinazzola, Rionero in Vulture o Ripacandida; la Lega Nord era di là a venire ma i sonni di mamme e papà erano agitati dalla paura da cui veniva l’ammonimento del “riva mia in ca’ cun ‘na quai terùna!”. 

Dai sircc si sloggiava presto, destinazione “salun” (con la u, non con due o) il salone:  un’ampia, si  fa sempre per dire, pozza di acqua gelida chiusa tra due pareti scoscese, un luogo un po’ inquietante dalla natura selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura. (chiedo il supporto di Claudio: ricordo male o il sommo poeta non andava d’accordo con le doppie?). 

Nessuno aveva l’orologio ma si sapeva che arrivati lì il pomeriggio stava per finire e occorreva tornare al ponte prima che arrivassero i grandi, quelli che al fiume venivano a lavarsi dopo il lavoro  e per noi “narigiatt” (il traguardo dell’uscita dalla fanciullezza si spostava in continuazione e nemmeno l’agognato vespino tanto atteso ti permetteva l’ingresso nel  mondo dei grandi) non c’era più posto.

Questo accadeva in quei di Possaccio e dintorni mezzo secolo fa. Oggi leggo di esperti inviati dalla Regione, droni, elicotteri … mentre a Cambiasca sperano di lanciarsi nel ghiotto business del turismo balneare  del nuovo lago effimero. Chissà, magari tornano le ex ragazzine milanesi. 

Oreste invece se n’è andato. Pochi giorni fa. Ciao Orso, non ti preoccupare, non c’è bisogno della diga, ci ha pensato la frana a formare il laghetto. Purtroppo più a monte.

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LE SPONDE FLUVIALI COME ECOSISTEMA URBANO

Dopo l’articolato incontro pubblico dello scorso novembre sulla valorizzazione boschiva, ambientale e turistica del Monterosso, AmbienteVerbania dà seguito alle sue proposte sul recupero della fruizione dei luoghi di pregio della città organizzando per LUNEDI’ 26 FEBBRAIO con Europa Verde una serata dedicata all’ecosistema del torrente San Giovanni:

Dopo le complesse giornate dedicate alla costruzione dell’auspicato “campo largo” del Centrosinistra in previsione delle elezioni comunali di giugno (qui e qui, ad esempio), AmbienteVerbania torna al suo lavoro precipuo e caratterizzante, cioè la definizione di concrete e realistiche proposte per il futuro della nostra città. In un’ideale staffetta con Cavandone, dove lo scorso 25 gennaio abbiamo organizzato una partecipata serata sui contenuti della proposta di Variante del Piano Regolatore relativi al Monterosso e alla sua “capitale” (qui un documento fotografico della riunione),

il nostro gruppo intende richiamare l’attenzione della città sulle potenzialità ancora inespresse delle frazioni settentrionali del Comune (Trobaso e Possaccio in particolare). Tutti coloro che fossero interessati a partecipare, possono documentarsi in maniera approfondita sui contenuti della serata leggendo questo contributo:

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UN APPELLO, UNA CANDIDATURA

Nei prossimi giorni (forse addirittura nelle prossime ore) il Centrosinistra verbanese deciderà come presentarsi alle imminenti elezioni comunali. Da queste pagine nei mesi scorsi e, con maggiore intensità e frequenza, nelle ultime settimane abbiamo accompagnato, commentato e arricchito di concrete proposte progettuali e programmatiche il dibattito cittadino e per questa ragione non intendiamo ripeterci. Qui i nostri lettori potranno leggere in un sintetico documento la posizione assunta dal raggruppamento civico di AmbienteVerbania e da Europa Verde. A seguire l’appello, già sottoscritto da molti cittadini, a sostegno della candidatura a sindaco di Chiara Fornara.

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L’approssimarsi delle elezioni comunali ci sollecita a indicare con chiarezza l’obiettivo politico e programmatico al quale tendere per evitare che Verbania – dopo l’infausta esperienza del quadriennio 2009-2013, conclusosi con il commissariamento del Comune – sia nuovamente consegnata a un’Amministrazione di Destra.

Noi intendiamo lavorare alla costruzione di una coalizione di centrosinistra “largo”, che comprenda le forze politiche e le realtà civiche che in questa prospettiva hanno lavorato e si riconoscono. Si tratta a nostro parere di costruire un’alleanza che non disperda il patrimonio di “buone pratiche” del ciclo che si chiude, valorizzi i contenuti e gli spunti innovativi e indichi una visione progettuale all’interno del quale dare forma a un’idea di città da realizzare nell’arco di più cicli amministrativi.

Noi crediamo che la disponibilità alla candidatura a sindaco manifestata da Chiara Fornara rappresenti un’opportunità da non disperdere avventatamente, perché ad essa sono affidate le possibilità di costruire un “campo largo” del centrosinistra che comprenda le formazioni Civiche e di Centro, il Partito Democratico, Europa Verde, il Movimento 5 Stelle, AmbienteVerbania e la Sinistra verbanese, con l’ambizione di arricchire, rafforzare ed equilibrare il patto coalizionale.”

Verbania, febbraio 2024

AmbienteVerbania

Europa Verde

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Per sottoscrivere virtualmente l’appello a sostegno di Chiara Fornara, inviare una mail all’indirizzo info@verbaniasettanta.it indicando nome, cognome e la dicitura “adesione Chiara Fornara”. Facoltativo il recapito telefonico.

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LA COALIZIONE LARGA E IL TOTEM DELLE PRIMARIE di Claudio ZANOTTI

“Si esce dall’autolesionistico loop in cui il sistema è sprofondato negli ultimi sei mesi e si tenta di mettere mano a un’alleanza di centrosinistra che, facendo perno sul Pd, vada dai civico-centristi ai Verdi, dai 5 Stelle ad Ambiente Verbania, alla storica Sinistra verbanese, portando ciascuno dei contraenti uno specifico contributo programmatico e progettuale in grado di arricchire, rafforzare ed equilibrare il patto coalizionale, secondo un modello che vent’anni fa aveva decretato il successo del centrosinistra “largo”

Dopo la pubblicazione del pensoso articoletto di qualche giorno fa nel quale, azzardando spericolati accostamenti platonico-neotestamentari (il demiurgo e l’Armageddon), si auspicava un soprassalto di consapevolezza del centrosinistra verbanese (“riavvolgere il nastro malamente dispiegato in questi mesi e tentare di svolgerlo in forme più razionali, intelligenti ed inclusive, cercando una sintesi tra passato e futuro che non disperda il patrimonio di “buone pratiche” del ciclo che si chiude, valorizzi gli spunti innovativi e indichi uno scenario futuro all’interno del quale dare forma a un’idea di città da realizzare gradualmente dell’arco di due/tre cicli amministrativi“), il quadro politico si è profondamente modificato con la disponibilità di Chiara Fornara, direttrice del Consorzio Servizi Sociali del Verbano, a candidarsi a sindaco per il centrosinistra (qui il suo documento). Sino a quel momento infatti la situazione appariva irrimediabilmente bloccata nel cul de sac di una circoscritta alleanza (Pd e civico-centristi) senza candidato (il nome del Pd respinto dai potenziali alleati) e senza programma (il mantra della “continuità”).

L’apparizione sulla scena di una figura che, pur appartenendo alla comunità politica del Pd, incarna una prospettiva svincolata dalle complesse e controverse dinamiche del ciclo amministrativo che si chiude, costituisce l’ultima occasione per indurre i soggetti del centrosinistra cittadino a riavvolgere il nastro secondo le modalità e con gli obiettivi poco sopra richiamati. In altre parole, si esce dall’autolesionistico loop in cui il sistema è sprofondato negli ultimi sei mesi e si tenta di mettere mano a un’alleanza di centrosinistra che, facendo perno sul Pd, vada dai civico-centristi ai Verdi, dai 5 Stelle ad AmbienteVerbania, alla storica Sinistra verbanese, portando ciascuno dei contraenti uno specifico contributo programmatico e progettuale (il nostro, robustissimo, è qui) in grado di arricchire, rafforzare ed equilibrare il patto coalizionale, secondo un modello che vent’anni fa aveva decretato – pur in un quadro politico affatto diverso da quello attuale – il successo del centrosinistra “largo”. A servizio di questo disegno, la cui realizzazione non sconta oggi a parer nostro alcun fattore di preconcetta ostilità, le forze politiche hanno il dovere di mettere a disposizione le figure ritenute più idonee all’interno di ogni raggruppamento, selezionando tra di esse quella che raccoglie il maggior gradimento finalizzato alla costruzione di una sintesi più alta e più condivisa.

Se il metodo di lavoro che si va profilando (prima la definizione dei contenuti programmatici, poi l’estensione del perimetro di coalizione, infine l’individuazione del candidato sindaco) raccoglie unanime consenso, lo strumento più volte evocato delle primarie perde la sua ragion d’essere, dal momento che è l’alleanza in fieri a riconoscere al proprio interno il soggetto che ha le maggiori chance di guidare con successo la fase “in divenire” verso una vera e propria alleanza “in atto”. D’altro canto le primarie, utilizzate a corrente alternata dal solo Pd, si sono rivelate uno strumento incongruo per la costruzione delle coalizioni politiche a ogni livello e improduttivo (quando non dannoso) per la scelta delle cariche di vertice interne, come testimoniano ad abundantiam i dodici passaggi alla segreteria nazionale dei Democratici in sedici anni. E non sarà un caso se in questa tornata elettorale in tutta Italia le primarie sono previste solo – letteralmente – in una manciata di Comuni, e sempre in un contesto di profonde lacerazioni interne al partito. Insomma, “primarie della disperazione”. E anche per le nostre primarie locali (le parlamentarie provinciali del 2012 e le comunali verbanesi del 2014) il saldo politico a consuntivo è stato nettamente e irrimediabilmente negativo, tanto per il centrosinistra quanto (o forse di più) per lo stesso PD.

Il totem delle primarie – soprattutto quando esse si applicano alla scelta di un candidato per una carica istituzionale – va lasciato cadere senza nostalgie e senza ripensamenti, perché deresponsabilizza iscritti, militanti e dirigenti di partito, lascia all’indistinta volubilità di un’occasionale platea di cittadini una delle scelte più importanti che competono alla politica e determina – all’interno di quel “corpo politico” che è un partito – lacerazioni e divisioni il cui impatto negativo di breve, medio e lungo periodo è sempre stato di gran lunga superiore agli apparenti, effimeri vantaggi che lo strumento-primarie ha sempre promesso e mai conseguito.

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RIAVVOLGERE IL NASTRO PRIMA DELL’ARMAGEDDON di Claudio ZANOTTI

“All’interno di un quadro che rischia di incistarsi irrimediabilmente, potrebbe essere risolutiva la decisione di sottrarsi all’improduttivo e dannoso avvitamento cui abbiamo assistito in questi ultimi mesi, archiviando la diatriba su primarie, candidature e feticcio continuista e recuperando quanto resta nel centrosinistra verbanese di una razionalità politica insipientemente dilapidata. Ciò significa riavvolgere il nastro malamente dispiegato in questi mesi e tentare di svolgerlo in forme più razionali, intelligenti ed inclusive, cercando una sintesi tra passato e futuro che non disperda il patrimonio di “buone partiche” del ciclo che si chiude, valorizzi gli spunti innovativi e indichi uno scenario futuro all’interno del quale dare forma a un’idea di città da realizzare gradualmente dell’arco di due/tre cicli amministrativi.”

Un paio di settimane fa chiudevamo un articoletto di analisi politica cittadina (qui) attendendo che il Pd verbanese chiarisse la direzione di marcia in previsione delle elezioni di giugno. La cosa è puntualmente avvenuta nel corso di una riunione di iscritti, al termine della quale il Pd ha sanzionato una doppia scelta: la prima per l’individuazione del proprio candidato-sindaco attraverso le primarie di partito, la seconda per l’indicazione di una coalizione elettorale circoscritta alle liste civiche attualmente in maggioranza (Alleanza Civica, Centro Riformista, Centro Civico). Al di là del gradimento della doppia scelta, un contributo di chiarezza.

Ma dopo una settimana tutto è tornato in discussione: prima i centristi civici hanno bocciato il metodo delle primarie, sfilandosi per questa ragione dalla coalizione; poi uno dei due candidati ha ritirato la propria disponibilità, chiedendo all’altro candidato un gesto analogo (cioè la rinuncia a porre la propria candidatura) per poter così ripristinare la sintonia politica con i centristi civici. Ma l’altro candidato non ha accolto il suggerimento ed è rimasto – solitario – in campo. Nelle prossime ore gli iscritti del Pd verbanese dovrebbero nuovamente riunirsi e decidere se “incoronare” il candidato rimasto o se, viceversa, chiedergli un passo indietro per ricostruire il tavolo della coalizione Pd-centristi civici. Sin qui i fatti.

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Al di là dello spregiudicato tatticismo di quest’operazione (individuare un candidato, dotarlo di programma, mandarlo sui giornali, presentarlo agli iscritti, raccogliere le firme necessarie per l’ufficializzazione…… e poche ore dopo la chiusura dei termini farlo ritirare), i cui tratti di luciferino autolesionismo sono stati commentati in una miriade di chat, resta il dato politico rappresentato dal principale partito del centrosinistra che a febbraio inoltrato sembra ritornato alla prima casella del gioco dell’oca, quella da cui una buona politica dovrebbe partire definendo prima una robusta piattaforma di contenuti programmatici (qui le moltissime proposte di AmbienteVerbania, ma molte buone idee anche qui), per misurarne poi i livelli di condivisione e di mediazione all’interno di un perimetro coalizionale assunto come auspicabile e convergere infine su una figura di candidato-sindaco da selezionare costruttivamente all’interno dell’alleanza politico-programmatica o da individuare attraverso lo strumento delle primarie di coalizione.

Ora, non sembra che nei mesi scorsi sia stata seguita questa virtuosa metodologia: il dibattito sui media si è invece concentrato da un lato sull’incomprensibile feticcio della “continuità” tra cicli amministrativi (quello che si chiude e quello che si apre) e dall’altro sui veti alternativamente posti sul metodo (primarie sì, primarie no), sulle persone (tizio sì, caio no) e sui potenziali alleati (quelli no). Nel clima di confusione dilagante, l’imminente assemblea del Pd potrebbe chiudersi nei modi più disparati: una sorta di armageddon che porti a compimento il processo di sganciamento dal Pd di aree politiche e/o singoli dirigenti, avviato rumorosamente tra ottobre e novembre con passaggi a Italia Viva e ad Alleanza Civica; una sorprendente ricomposizione del partito sulla linea del più rigoroso “continuismo” coalizionale tra Pd e centristi civici praticato sino alla fine di gennaio, cancellando dal calendario della politica l’iradiddio di dichiarazioni e ultimatum dell’ultima settimana; una molto democristiana “pausa di riflessione” con rinvio delle decisioni all’ormai imminente quaresima. O altro ancora, come talvolta accade nei passaggi politici dirimenti.

Da queste paginette virtuali ci permettiamo di avanzare una proposta ragionevole e praticabile. All’interno di un quadro che rischia di incistarsi irrimediabilmente, potrebbe essere risolutiva la decisione di sottrarsi all’improduttivo e dannoso avvitamento cui abbiamo assistito in questi ultimi mesi, archiviando la diatriba su primarie, candidature e feticcio continuista e recuperando quanto resta nel centrosinistra verbanese di una razionalità politica insipientemente dilapidata. Ciò significa riavvolgere il nastro malamente dispiegato in questi mesi e tentare di svolgerlo in forme più razionali, intelligenti ed inclusive, cercando una sintesi tra passato e futuro che non disperda il patrimonio di “buone pratiche” del ciclo che si chiude, valorizzi gli spunti innovativi e indichi uno scenario futuro all’interno del quale dare forma a un’idea di città da realizzare gradualmente dell’arco di due/tre cicli amministrativi. Insomma, recuperare il lascito più convincente e duraturo dell’azione del centrosinistra verbanese a partire dall’ultimo decennio del secolo scorso, confidando che le sue diverse e talvolta contrastanti istanze possano trovare – magari grazie al lavoro coesivo di un convincente demiurgo – una più alta sintesi, una più ragionevole mediazione.

In caso contrario, l’unico armageddon al quale rischiamo di assistere sarà quello della comunità politica del centrosinistra verbanese, la cui trentennale storia non merita di finire nel cupio dissolvi che s’annuncia.

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IL CENTROSINISTRA TRA RETROSPEZIONI INCONGRUE E APERTURA AL FUTURO di Claudio ZANOTTI

Il Pd, chiusa e mai più più ripresa l’interlocuzione con AV dopo il primo incontro di novembre, si trova ora di fronte alla scelta decisiva, rinviata di assemblea in assemblea: o assumere la linea indicata dal sindaco e dai civico-centristi di integrale continuità con il ciclo che si chiude o esaminare la possibilità di costruire un’alleanza larga che apra una nuova fase nella vita politica cittadina e che possa avvalersi del contributo di tutti gli ambienti riconducibili alla storia migliore del centrosinistra verbanese, di cui AV rappresenta solo uno dei tasselli. Noi, che non amiamo la pena immaginata da Dante per gli indovini della quarta bolgia, confidiamo che prevalga la seconda“.

Da settimane i media locali (cartacei, digitali e social) propongono la narrazione pubblica delle convulsioni del centrosinistra verbanese in previsione delle elezioni di giugno. Ma è una narrazione che, alimentata da dichiarazioni ufficiali costruite ad uso dei giornali per dare corpo ad artificiose ricostruzioni, depista il lettore e confonde quella residuale, minoritaria porzione di opinione pubblica che cerca di capire cosa sta succedendo. E forse è tempo di rimettere un po’ d’ordine in una vicenda molto più semplice e lineare di quanto sia raccontata.

I FATTI. Lo scorso luglio AmbienteVerbania (AV), del cui lavoro questo blog dà sistematicamente notizia e rilievo, annuncia la sua costituzione in associazione politica e diffonde un documento/appello (qui) nel quale sono raccolte alcune proposte politico-programmatiche per avviare un confronto tra le forze politiche di centrosinistra e progressiste (Pd, Alleanza Civica, Azione, 5 Stelle, Verdi) finalizzato alla creazione di un’alleanza per le Comunali di giugno 2024. Ai primi agosto il Pd non trova l’accordo interno sulla costituzione della delegazione di partito per andare al confronto proposto da AV: il segretario cittadino si dimette e soltanto a metà ottobre ne viene eletto un altro. Pochi giorni dopo l’elezione lasciano polemicamente il Pd (“Valori democratici disattesi, lobby e ambizioni velleitarie di persone senza competenze. Se questo è il nuovo pd, sono sempre più felice della mia scelta“: insomma, toccarla piano) in direzione “centro” e Italia Viva un paio di consiglieri comunali; a dicembre altri due dirigenti (sempre polemicamente) lasciano il Pd per aderire ad Alleanza Civica. Verso la fine di novembre avviene il primo e unico incontro (interlocutorio) tra le delegazioni di Pd e AV: i democratici rinviano genericamente a metà gennaio, quando sarà definita la candidatura pd per la carica di sindaco. Intanto tra dicembre e gennaio il Pd, i centristi (Italia Viva, che a Verbania rappresenta anche + Europa e Azione) e i civici definiscono il perimetro dell’alleanza elettorale sulla base di due criteri: l’appartenenza alla maggioranza che sostiene l’Amministrazione uscente e la preventiva adesione alle quattro questioni più delicate e controverse del momento (sì alla chiusura del pozzo 1, sì al parcheggio interrato in Sassonia, sì alla Variante del Piano Regolatore, sì alle contestazioni a ConSer Vco). Infine, negli ultimi dieci giorni due esponenti del Pd hanno reso pubbliche le loro contrapposte autocandidature alla carica di sindaco: uno con un’intervista di contenuto politico molto generale, l’altro al contrario con un documento che riprende i due criteri appena richiamati come discriminanti per la futura alleanza.

LA POLITICA. Dietro i fatti si scorgono con evidenza gli orientamenti politici di partiti e gruppi. I centristi e i civici si sono da subito attestati su una posizione di intransigente e assoluta continuità con il ciclo amministrativo che si va chiudendo e su questa chiedono la preventiva adesione da parte di eventuali, ipotetici membri aggregati alla coalizione. E’ questa la linea che esprime in maniera più cristallina l’orientamento del sindaco uscente e che da subito è stata fatta propria da centristi e civici, opportunamente rafforzati da studiati spin off dal Pd. Ed è questa stessa linea (blindatura preventiva del perimetro dell’alleanza) che il sindaco, vero dominus della scena politica del centrosinistra cittadino, sta tentando di imporre al Pd, ben sapendo che da tempo il Pd stesso è destinatario di una diversa proposta politica (campo largo del centrosinistra) e programmatica (immaginare il futuro della città vincendo la tentazione della retrospezione), contenuta nel documento/appello di AmbienteVerbania dello scorso luglio e potentemente rafforzata dall’intenso lavoro compiuto da AV nell’arco di 15 mesi (cinque incontri pubblici, almeno trenta articoli su questo blog, un numero imprecisato di incontri a invito). Mentre nessun interesse è stato esplicitamente manifestato dalla dirigenza democratica cittadina alla proposta politica di AV, nell’area dei sostenitori del centrosinistra verbanese, iscritti o meno al Pd, i contenuti e gli obiettivi di questo lavoro non sono certo passati inosservati, anzi sono stati apprezzati per il valore propositivo e per la robustezza argomentativa. La cosa d’altra parte non può certo stupire, se si considera che tra gli esponenti più noti e attivi di AV vi sono Nico Scalfi e Giovanni Margaroli, che tra il 2014 e il 2022 hanno esercitato importanti funzioni politico-amministrative (segreteria cittadina del pd, consiglieri e assessori comunali), contribuendo in maniera determinante a orientare alcune delle scelte più importanti dell’Amministrazione (su tutte, il Progetto di Rigenerazione Urbana, finanziato per 20 milioni con fondi PNRR e oggi in esecuzione). Il Pd, chiusa e mai più ripresa l’interlocuzione con AV dopo il primo incontro di novembre, si trova ora di fronte alla scelta decisiva, rinviata di assemblea in assemblea: o assumere la linea indicata dal sindaco e dai civico-centristi di integrale continuità con il ciclo che si chiude o esaminare la possibilità di costruire un’alleanza larga che apra una nuova fase nella vita politica cittadina e che possa avvalersi del contributo di tutti gli ambienti riconducibili alla storia migliore del centrosinistra verbanese, di cui AV rappresenta solo uno dei tasselli.

Noi, che non amiamo la pena immaginata da Dante per gli indovini della quarta bolgia, confidiamo che prevalga la seconda. Questo passaggio rappresenterà, in un senso o nell’altro, il punto di non ritorno nel percorso che porterà l’area del centrosinistra alle elezioni di giugno e segnerà profondamente la vita politica della città. C’è allora speranza di salvezza? Forse. E forse avremo modo di parlarne già da martedì

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